“La conservazione può anche essere fatta rimettendo sotto terra quello che si è trovato, perché lasciarlo a vista potrebbe significare permettere all’incuria di distruggerlo”. “A volte ci sono i lastroni di vetro che fungono da pavimento….”, “…dove poi c’è tantissima condensa. E se la manutenzione non è ordinaria ma è un evento straordinario che avviene ogni dieci anni viene compromessa la conservazione del manufatto. Quindi forse è meglio seppellire piuttosto che continuare a scavare e non avere poi i soldi, cioè il denaro pubblico, per potere conservare correttamente”.  “È triste questa cosa”. “È tristissima, ma è una realtà con cui bisogna fare i conti”.

È passato qualche anno, ma questo dialogo non me lo sono scordato: lo registrai durante un lavoro d’inchiesta su un’importante area archeologica ai piedi dell’Etna, area che in buona parte si trova ancora sottoterra. Nello specifico, discutevamo di una grande vasca di marmo contenente ex voto millenari, vasca scoperta e poi tornata sottoterra con gli ex voto, seppellita perché in quel modo si sarebbe conservata. Sorrideva amaramente l’archeologa che mi spiegava questo modus operandi che sul momento considerai strano e incredibilmente ingiusto.

E in questi giorni ci ho ripensato, perché sono successe due cose: il titolare del dicastero che ha sulle spalle i Beni Culturali ha fatto una infelicissima battuta sulla storia dell’arte e sul fatto che il suo insegnamento andrebbe abolito, e uno dei due partiti di governo ha sostanzialmente ammesso di aver fatto uso distorto di 49 milioni di euro pubblici, patteggiando una comodissima restituzione quasi secolare.

Ecco: non poteva non venirmi in mente quel dialogo. I beni culturali vengono continuamente presi a calci, la memoria artistica del Paese – che è anche storica – diviene addirittura oggetto di scherno senza considerare minimamente gli effetti che la frase di un ministro ai BBCC può provocare sugli studenti. Per di più, il Paese con il numero più alto di siti UNESCO dell’intero pianeta deve fare i conti con un governo che per metà è retto da un partito reo di aver praticamente sottratto, per sua stessa ammissione, milioni di euro che avrebbero potuto tirare fuori centinaia di migliaia di vasche di marmo millenarie contenenti ex voto, oltre che valorizzare aree importanti, tenere aperti musei, ridare vita a borghi dimenticati, migliorare la formazione…

Insomma: quanto vale l’arte per la politica? Perché, si sa, l’arte non è democratica, non pende da nessuna parte, non ha un baricentro. L’arte è un fatto umano che non risponde a logiche clientelari, ma può subire ripercussioni pesanti da chi, sulle logiche clientelari, basa il proprio potere. La tendenza dei fatti artistici a smuovere le masse, a creare opinione e a farsi veicolo d’idee chiaramente può fare paura. Lo ha reso evidente Hitler: l’astrattismo, la visione moderna dei corpi, l’avanguardia come critica agli Stati moderni erano per lui insopportabili, e a questo contrapponeva il classicismo, i paesaggi lineari, i corpi di Michelangelo, Tiziano, Caravaggio.

Si incaponì, Hitler, contro le opere di Picasso, Chagall, Kandinskij, Matisse, e poi rubò, rubò centinaia di migliaia di opere d’arte, portò all’ennesima potenza l’idea di Napoleone, che voleva legittimare con l’arte il potere, nutrendosi quasi della bellezza dei suoi avversari (il che, forse, porta dentro di sé un violento germe di romanticismo).

Oggi però succede una cosa diversa: l’arte viene quasi snobbata, nessuna crociata si intravede, nessuna battaglia. Nessuna idea. Nessuna. Dopo il responsabile scuola della Lega che vorrebbe rendere legittima la sua terza media facendo sapere che basta “respirarla”, la scuola, arriva il ministro che ti dice che in storia dell’arte andava male, e fosse per lui l’abolirebbe. Nessuna idea, quindi, nessuna prospettiva di crescita, ma scherno. Scherno seguito dall’immancabile “era una battuta”. Che nell’era dei social suona come il “non l’ho fatto apposta” di un bambino che ha rotto un lampione a seguito di una pallonata: il vetro è in frantumi, ministro Bonisoli, e un sorriso di circostanza non metterà certo insieme i pezzi.

Seba Ambra -ilmegafono.org