La settimana scorsa il Ministero dell’Interno ha pubblicato la relazione sull’attività delle commissioni negli enti sciolti per mafia. Si tratta di un adempimento alla legge dettata dal Testo unico per gli enti locali che impone al ministero di presentare tale documento alle Camere. La relazione, come ogni anno, esamina il numero di enti commissariati per mafia nell’anno in corso e quelli attualmente ancora oggetto di tale provvedimento dagli anni precedenti. Il commissariamento di un comune può avvenire per diversi motivi, come le dimissioni del sindaco o del 50%+1 dei consiglieri comunali, ma in questi casi ordinari viene nominato un singolo commissario che ha l’incarico di portare al voto il comune nei tempi più rapidi possibili. Si parla di solito di non più di 3 mesi.

Nel caso in cui lo scioglimento dell’amministrazione di un ente sia invece operato in seguito all’accertamento di infiltrazioni mafiose, viene nominata una commissione straordinaria, con 3 componenti, che ha un obiettivo a lungo termine di più ampio respiro: quello di ripristinare la legalità. Secondo la legge, questo provvedimento straordinario ha una durata di 18 mesi che, da prassi, viene regolarmente estesa a 2 anni. In questo periodo, la commissione deve raggiungere lo scopo prefissato attraverso interventi che incrementino le entrate, ottimizzino i costi e riducano l’evasione. Proprio su quest’ultimo punto si pone maggiormente l’accento. Analizzando, infatti, il trend degli ultimi 10 anni, si può vedere come in più del 90% dei comuni commissariati per mafia siano state intraprese azioni in tal senso ogni anno con risultati tendenzialmente confortevoli.

Nel 2021 le amministrazioni soggette a questa misura sono state 14. Il rapporto espone anche i dati relativi ai primi mesi del 2022, sottolineando come il trend sia in leggero calo visto che, fino a luglio di quest’anno, sono solo 6 i comuni colpiti. Alla fine del 2021, i comuni sotto commissariamento per infiltrazioni della criminalità organizzata erano 50. A questi si aggiungevano 2 aziende ospedaliere calabresi. La situazione è allarmante soprattutto nel Mezzogiorno, dove si trovano 49 dei 50 comuni interessati e dove spicca il caso di Foggia, unico capoluogo di provincia attualmente in questa situazione. L’unica eccezione è il comune valdostano di Saint-Pierre. Sono in totale quasi un milione i cittadini che vivono in comuni commissariati.

Non bisogna però cedere alla tentazione di circoscrivere il tema delle infiltrazioni politiche della criminalità organizzata solamente al Sud Italia. C’è infatti da considerare che, negli anni precedenti, altri comuni al centro e al nord Italia sono stati oggetto di commissariamento per la medesima ragione e a ciò si aggiunge l’ormai nota tendenza delle associazioni criminali a delocalizzare buona parte delle proprie attività, soprattutto dal punto di vista commerciale, nelle altre zone del Bel Paese e all’estero. Insomma, sebbene negli ultimi anni se ne parla di meno, c’è ancora un problema legato alle mafie e alla orrenda tendenza che spesso hanno di arrivare ad occupare ruoli di grande potere nel nostro Paese. Sia dal punto di vista politico che economico.

Restituire libertà e legalità a queste zone non basta e talvolta risulta essere inefficace. Sono diversi i comuni che nel corso degli anni sono stati sottoposti più volte a questo tipo di provvedimento in appena 30 anni. A Marano di Napoli, ad esempio, spetta il triste primato di essere stato l’unico ad aver affrontato il commissariamento ben 4 volte. In zone come questa, l’infiltrazione mafiosa è diventata uno schema ripetuto. Per quanto lo Stato intervenga nel tentativo di ripristinare la legalità, inevitabilmente ci si ritrova nella stessa situazione, al punto che forse bisognerebbe iniziare a pensare ad interventi più radicali per estirpare la malapianta della malavita organizzata da queste terre.

Vincenzo Verde -ilmegafono.org