Inaugurata lo scorso ottobre al Brooklyn Museum di New York, la mostra che ripercorre i quindici anni della produzione artistica dello street artist francese JR si sarebbe conclusa poche settimane fa, esattamente il 4 maggio 2020 (il condizionale è d’obbligo viste le difficoltà dovute alla pandemia che ci hanno travolti da gennaio scorso). La mostra ci fornisce l’occasione giusta per parlare di questo giovane artista che merita di essere conosciuto.

JR, il suo nome per esteso è Jean Renè, (classe 1983), appartiene alla nuova generazione di urban artists, quei talenti come Banksy, Blu, Conor Harrington, Word 2 Madre, NeckFace, Os Gemeos e VHILS, che reinterpretano l’identità delle metropoli contemporanee e ne denunciano la natura a volte ambigua. La sua storia artistica inizia nel 2000 quando, dopo aver trovato una macchina fotografica nella metropolitana di Parigi, incomincia a dedicarsi alla fotografia ritraendo i volti delle persone che più lo affascinano. Attraverso la tecnica del collage fotografico, JR trasforma quelle immagini in giganteschi poster da affiggere in giro per la città. Proprio per l’uso di questa particolare tecnica, che unisce fotografia ed arte urbana, questo artista francese ama definirsi photograffeur.

I suoi ritratti di gente comune sono monumentali. Sono immagini stampate in grandi formati ed incollate – agli inizi della sua carriera abusivamente – sui muri nei quartieri di Parigi prima, in tante altre città nel mondo poi. Sono scatti che scuotono le coscienze, che raccontano la città attraverso volti, espressioni vere, e per questo spiazzanti e provocatorie, di donne e uomini che rappresentano realtà troppo “comuni” per essere considerate “arte”. Questi volti però sono la memoria delle città, denunciano le deformazioni e le oscurità della nostra società, gridano il coraggio di vivere dalle facciate dei palazzi di metropoli sempre più caotiche che spesso preferiscono non vedere le proprie ambiguità.

Il lavoro di JR è ambizioso, complesso e al tempo stesso poetico, mescola arte e azione, parla di impegno, libertà e identità, ma soprattutto mette a fuoco tematiche sensibili e a volte scomode. Risulta straordinaria l’opera di questo giovane artista che nasconde il suo volto dietro occhiali molto scuri, ma che ci trasferisce un’arte limpida perché profondamente umana, un artista che nutre la sua opera e sé stesso con il primo e unico elemento che è arte già per sua natura, il genere umano. Straordinaria è anche l’importanza che vi attribuisce oltre ogni status, oltre ogni bandiera, perché se l’arte ha un valore è proprio quello di poter comunicare con tutti, e senza alcuna distinzione, di non conoscere differenza nel colore della pelle, nel credo o nella lingua, di abbracciare indifferentemente ogni persona. E, nel caso di JR, di rendere tutti protagonisti davanti alla fotocamera con la propria faccia, la propria storia, di far sentire ognuno una piccola e meravigliosa opera d’arte ancora più meravigliosa in quanto condivisa, in quanto parte di una comunità.

I suoi progetti sono raccolti nel suo sito, ma qui di seguito ve ne raccontiamo brevemente alcuni.

  • “Portrait d’une Génération” (Ritratto di una Generazione) 2004/2006. Un progetto che trasforma le strade di Parigi nella galleria espositiva della sua prima grande mostra in cui raccontò i “teppisti” del quartiere popolare Les Bosquets, il ghetto di Montfermeil. È l’inizio della sua carriera artistica, una carriera in cui la collettività sarà sempre al centro dell’opera.
  • “Face2Face” (Faccia a faccia) 2007. Un progetto tra i più ambiziosi e complicati, condotto a quattro mani con Marc Berrebi, che vuole riportare l’attenzione dell’Europa sull’assurdità della guerra medio orientale. JR definisce questo suo lavoro un progetto umano dove gli eroi sono proprio coloro che, israeliani e palestinesi, hanno scelto di esporre il loro volto sui due lati del muro che divide l’Israele dai territori palestinesi della West Bank.
  • “Woman are Heroes” (Le donne sono eroi) 2008. Un progetto in cui mette in luce la dignità e il coraggio delle donne che vivono in zone difficili, tra guerre civili e miseria e che sono spesso bersaglio di violenze. I ritratti di queste donne, raccolti tra il Kenya, il Brasile, l’India e la Cambogia, sono stati affissi, come enormi poster, nei luoghi più disparati in giro per il mondo, dalle fiancate dei vagoni dei treni in Kenya alle baracche delle Favelas a Rio de Janiero, agli edifici di metropoli come New York o Parigi.
  • “Inside Out” (Restiamo umani) 2011. Un esperimento di impegno civile attraverso l’arte, la più grande esposizione fotografica mai realizzata, una gigantesca opera d’arte collettiva resa possibile grazie alla partecipazione attiva di circa 260mila persone in 129 paesi, e che lancia un messaggio chiaro: la cultura dell’inclusione è possibile per costruire una società basata sull’accoglienza e sull’integrazione, una società dove “restare umani”.
  • “Visages, Villages”. Un progetto nato nel 2017 dall’incontro di JR con Agnes Vardà, regista francese della Nuovelle Vague. Visages, Villages è un film documentario che racconta il lungo e poetico viaggio nella Francia settentrionale, quella Francia rurale a volte dimenticata, in cui JR e Agnes si confidano, si interrogano sugli spazi che attraversano e ne raccontano la storia tramite chi quegli spazi li abita e li vive quotidianamente. Un racconto che si fa sempre più magico quanto più le storie degli uomini e delle donne si legano alle immagini e nel quale il processo creativo di JR diventa indispensabile per dar voce ai pensieri delle persone incontrate e dove la delicatezza narrativa di Agnes Vardà completa il tutto con sfumature emotive molto profonde.

Serena Gilè -ilmegafono.org