Non sempre nasciamo davvero liberi di determinare l’andamento della nostra vita, di seguire le nostre attitudini o i nostri sogni. Può capitare che qualcosa, un dettaglio più o meno rilevante, condizioni irrimediabilmente l’evolversi di tutta una esistenza. Accade così che nascere con il cognome “Impastato” a Cinisi renda complicato persino gestire un’attività commerciale. Giovanni Impastato porta con sé un’eredità davvero difficile da gestire: è figlio di Luigi Impastato, mafioso vicino al boss Gaetano Badalamenti, e soprattutto è fratello di Peppino che, non piegandosi alla logica mafiosa predominante nell’ambiente da cui proveniva, l’ha combattuta e per questo è stato assassinato. Il suo è un cognome che rievoca contemporaneamente mafia e lotta alla mafia, malaffare e legalità.

Crescere a “100 passi” dalla casa del super boss Badalamenti ed al contempo accanto a un fratello che grida che “la mafia è una montagna di merda” o che si rifiuta di stringere la mano ai boss locali, non deve essere stato facile per Giovanni che, ancora oggi, a oltre 40 anni dalla morte di Peppino, continua a vedere come il suo cognome e la lotta di Peppino danno fastidio. La notte dello scorso 11 novembre, un incendio di natura dolosa nella pizzeria gestita dalla moglie gli ha procurato danni economici stimabili intorno ai 10 mila euro, danni che potevano essere decisamente peggiori se non fosse stato per il provvidenziale intervento di un passante che, notate le fiamme, ha prontamente allertato le forze dell’ordine.  

“Per fortuna – ha commentato Giovanni Impastato – l’intervento dei vigili del fuoco è stato tempestivo e il rogo non si è propagato fino alle bombole della birra. Poteva esserci anche un’esplosione”. La pizzeria Impastato era nell’occhio del ciclone già da un po’: a fine ottobre, infatti, una denuncia anonima aveva sollevato la questione circa alcune presunte irregolarità dell’attività. In seguito alla denuncia erano state contestate diverse irregolarità ai titolari della pizzeria: essere in possesso di licenze emesse da un  Comune diverso da quello competente territorialmente ma anche carenze igienico-sanitarie, modifiche strutturali non autorizzate e presunte irregolarità sugli scontrini fiscali. “Si tratta – aveva in quella occasione spiegato Impastato – di una chiusura provvisoria. Quelle licenze furono rilasciate a mio padre oltre 60 anni fa dal Comune di Cinisi perché allora si pensava che metà del locale fosse in territorio di Cinisi, quindi mio padre chiese al nostro Comune. Oggi scopro, a seguito di questi controlli, che siamo a Carini, quindi è un problema di confini. Polizia municipale e Comune di Carini mi hanno detto che l’immobile ricade nel suo territorio, di conseguenza ci dobbiamo adeguare”.

“Sono state dette tante cose nei giorni scorsi dai giornali, alcune anche non vere – ha inoltre dichiarato in seguito all’incendio – avevo l’amianto e l’ho tolto, ma tutte queste carenze igienico-sanitarie non c’erano”. Come ha spiegato lo stesso titolare dell’attività, i lavori di ristrutturazione erano quasi terminati e nel giro di qualche giorno la pizzeria avrebbe potuto riaprire, per cui l’incendio è avvenuto con un tempismo innegabilmente inquietante. Inoltre quello dell’11 novembre non è stato il primo attentato subito dalla pizzeria. Già 8 anni fa un incendio, anch’esso doloso, era divampato nei medesimi locali. “Non è la prima volta – ha dichiarato Giovanni – che abbiamo a che fare con incendi dolosi. Siamo scomodi, la figura di Peppino è scomoda, il suo pensiero è scomodo. Viviamo un clima particolare, certe cose non succedono solo a Cinisi. C’è un clima di odio, violenza e paura che si sta instaurando nel nostro Paese”.

“Noi – ha aggiunto – non siamo eroi, siamo gente che lavora, si impegna, porta avanti un’attività anche culturale, antimafia, di studio e ricerca”. Ed in effetti la figura di Peppino tante volte è stata oggetto di atti violenti, come ad esempio gli attentati vandalici alle targhe in sua memoria. Inoltre, non può essere trascurato l’impegno antimafia di Giovanni Impastato, che ha ospitato nei locali della propria pizzeria molti volti della lotta alla criminalità organizzata attirando inevitabilmente il malcontento dei boss locali, ma aggiudicandosi tantissima solidarietà per gli attentati subiti. “Esprimo la mia vicinanza e solidarietà, ma anche la mia preoccupazione – ha detto Nicola Morra, presidente della Commissione Parlamentare antimafia -. Sono segnali che non devono essere assolutamente sottovalutati. C’è puntualmente nel nostro paese un rigurgito di segnali mafiosi che attraversano ogni territorio. Sono crimini spia di una mafia che giorno dopo giorno viene messa all’angolo dalle forze dell’ordine, dalla magistratura e dai cittadini che costruiscono comunità libere da questa violenza”.

“Il nome Impastato – ha concluso il parlamentare – è per noi segno di forza e coraggio, di coerenza e di speranza e per questo ci stringiamo più forti a Giovanni”. “Conosciamo bene Giovanni – hanno commentato dal proprio profilo Facebook i Modena City Ramblers – non sarà certo questo ennesimo episodio a scalfire il suo impegno, un abbraccio e tutta la nostra solidarietà a lui e alla sua famiglia”. Mentre Paolo Borrometi, presidente dell’associazione Articolo 21 ha twittato un molto significativo “quanta paura fa ancora Peppino?”. Attestati di stima, solidarietà e vicinanza molto importanti ma che ci si augura si traducano anche in una concreta vicinanza alla famiglia Impastato che dia anche un forte segnale a chi continua a vessarla. Un aiuto concreto che, in questo caso, potrebbe essere anche “gustoso”; talvolta opporsi alla mafia può essere semplice come mangiare una pizza nella pizzeria giusta. Come quella di Giovanni.

Anna Serrapelle-ilmegafono.org