Lo scorso lunedì, a Palermo, il procuratore nazionale antimafia, Piero Grasso, e il giornalista siciliano Enrico Bellavia hanno presentato un nuovo libro sulla criminalità organizzata: Soldi sporchi. Un evento, questo, al quale la cittadinanza di Palermo ha potuto partecipare grazie alla collaborazione dell’Università degli studi di Palermo e alla Libreria Flaccovio, che hanno messo a disposizione la Sala Magna di Palazzo Steri, sede del Rettorato dell’Università. Il libro presentato per l’occasione si occupa di criminalità organizzata in generale, ma con un occhio di riguardo a quella italiana ed alla sua capacità di infiltrarsi in ogni settore sociale. È proprio questo uno dei temi principali su cui è stato sollecitato lo stesso procuratore nel corso della presentazione. Un tema scottante, che Pietro Grasso ha affrontato con precisione, non nascondendo un pizzico di preoccupazione.

Innanzitutto (e ciò viene ribadito anche nel libro), è importante che la gente dimentichi l’immagine stereotipata del mafioso rozzo e con la coppola in testa: la mafia si è evoluta (questo la magistratura lo sa bene) ed ha una fisionomia diversa rispetto al passato. E il problema sta proprio in questo: oggi, i boss mafiosi sono uomini colti, laureati, conoscono le lingue e viaggiano in tutto il mondo. Inoltre, si affidano spesso a persone incensurate come prestanomi, grazie ai quali riescono a riciclare il denaro sporco ricavato da attività illecite. Insomma, lo scenario è piuttosto differente da quello che potrebbe sembrare ad una visione superficiale. A questo punto è evidente che il tema principale è incentrato sui soldi. E i soldi, si sa, sono l’oggetto prelibato di ogni mafia, ciò per cui si fa affari ma, soprattutto, si uccide.

Il riciclaggio, argomento centrale del libro e dell’evento, secondo quanto afferma Bankitalia “rappresenta un ponte fra criminalità e società civile”, e ciò permette ai criminali di sedere ai consigli di amministrazione e “a contribuire all’assunzione di decisioni economiche e sociali rilevanti”. Ancora, Bankitalia stima che il denaro mosso dalle mafie si attesta intorno al 10% del Pil italiano, che, in termini più semplici, equivale a ben 150 miliardi di euro. Soldi, questi, che sono tutti in tasca ai mafiosi e con i quali essi possono permettersi di controllare il mercato, di rilevare aziende e di entrare persino in Borsa.

Come? Il procuratore Pietro Grasso spiega che esistono diverse vie di riciclaggio: una di queste è il “ricorso a prestanome per l’acquisto di immobili o attività commerciali”, ma anche “l’acquisto di gioielli, le scommesse sportive” e persino “complesse architetture finanziarie che chiamano in causa la responsabilità di finanzieri specializzati in questo genere di operazioni”. Secondo Grasso, “con le misure patrimoniali, i sequestri e le confische, aggrediamo gli spiccioli dell’organizzazione.

È molto più impegnativo invece riuscire a stare sulle tracce del fiume di denaro che prende la via dei paradisi fiscali, passando spesso per il sistema bancario”. Dinnanzi a questo colosso dell’economia e dell’illegalità che è la mafia, il libro di Grasso e Bellavia propone, infine, che gli Stati di tutto il mondo “raggiungano al più presto nuovi accordi legislativi e culturali mirati a combattere il fenomeno”. Perché il problema è anche a livello culturale. Perché il problema si è esteso in tutto il mondo. La criminalità organizzata non è più made in Italy: è un problema di tutti.

Giovambattista Dato -ilmegafono.org