C’è una nuvola nera che oscura il cielo sopra l’Europa, ma questa volta non è colpa dei cambiamenti climatici. La colpa, grande, è di chi ha scelto deliberatamente di stracciare ogni pagina del libro del ‘900. Eppure, bastava sedersi davanti a uno specchio e leggerlo, magari solo una parte o solo alcune pagine. Lo specchio avrebbe costretto il lettore a guardarsi negli occhi, socchiuderli un attimo e provare a entrare nella macchina del tempo che ognuno di noi dovrebbe avere in un cassetto della propria memoria e della propria coscienza. Avrebbe potuto vedere, o solo immaginare, i fantasmi del Novecento che raccontavano la loro storia, da Roma a Berlino, fino a Sarajevo e Srebrenica.
La prefazione del libro partiva ancora da più lontano, da prima ancora che il ‘900 arrivasse. Partiva da quel sogno ubriacante di grandezza e di ricchezza costruito sullo sfruttamento delle terre conquistate da un’Europa ricca, arrogante e potente.

Terre d’Africa, ma non solo. Poi il sogno diventa un incubo per l’Europa e per il mondo intero, perché la grandezza non basta più: occorre il dominio sul mondo e sugli ultimi. Allora, a Roma come a Berlino, si indossano camicie brune o nere che inventano nemici e razze inferiori, si scrivono leggi speciali e si costruiscono ghetti e lager in cui contenere e annientare i nemici, il pericolo. L’Europa osserva in silenzio l’inferno che si sta costruendo, in molti pensano che il girone infernale non sarà per loro ma per altri. Poi, un giorno alla volta, la parola “loro” si restringe e si allarga sempre di più il confine della parola “altri”. L’incubo dura vent’anni, giorno più giorno meno, e cancella sogni, speranze e vita di intere generazioni.

Il tempo passa e il libro aggiunge nuove pagine, l’Europa ritorna a vivere ma i demoni non sono scomparsi, si nascondono soltanto. Riprendono fiato e si riorganizzano in silenzio, ma non troppo. L’Europa si culla nella propria cecità, prosperando nell’equilibrio di un benessere che è solo apparente: gli ultimi sembrano fare qualche passo avanti, ma è solo una piccola concessione che i primi regalano in cambio della propria prosperità. L’Europa guarda oltre Oceano ma abbassa gli occhi: il sud-est asiatico e l’America Latina diventano il giardino di casa del potente alleato a cui l’Europa deve qualcosa per la fine del suo incubo durato vent’anni. Così gli occhi si chiudono: sul Vietnam, dove la nobile Francia comincia quello che gli USA pensano di finire, sul Cile e sull’Argentina, sul Sud America tutto. Cade il muro di Berlino, con un rumore che sembra di festa, e il secolo si chiude come si era aperto. A Sarajevo e a Srebrenica si scrive l’ultima pagina del ‘900 e anche in quei giorni il rumore del silenzio è impressionante, mentre intanto qualcuno lavora per costruire nuovi muri.

Il terzo millennio è storia recente, e da quell’11 settembre di Manhattan il libro diventa sempre più pesante, nessuno vuole leggerlo con attenzione. Basta un’occhiata distratta, non c’è tempo per approfondire, perché oltre Oceano si chiede di obbedire e l’Europa obbedisce. È un altro ventennio da vivere, c’è una democrazia da esportare e ci sono equilibri da ricomporre, il prezzo da pagare non ha importanza, perché saranno altri a pagarlo. I demoni lavorano, qualche volta mettono l’abito della festa e conquistano un metro alla volta, nella politica e nella società. Scavano nella pancia della gente, stringono patti e alleanze, non dimenticano i vecchi reduci del Novecento e lucidano i ferri del mestiere, piano piano arrivano nei quartieri alti del potere. La storia non li ferma perché loro non la leggono, la vogliono scrivere. Un nemico da affrontare si trova sempre: i migranti sono il più facile da sventolare in ogni piazza e in ogni comizio, in ogni intervista. Il migrante diventa il clandestino, la minaccia alla sicurezza nazionale.

L’Italia fa la sua parte per ricostruire l’inferno del ‘900: in un angolo della Calabria che si affaccia sullo Ionio, il vento ha portato un seme: a Riace, un Uomo che si chiama Domenico Lucano ha raccolto quel seme. È il sindaco di quel Paese, in un’Italia che sempre di più sembra assomigliare a quell’America razzista e volgare che non voleva vedere i “negri” seduti accanto ai “bianchi” sullo stesso autobus. Serve un grande coraggio per fare il sindaco quando il nemico diventa lo Stato. Tutto comincia nel 1998 con l’arrivo a Riace di duecento profughi dal Kurdistan. Riace diventa un modello d’integrazione e il sindaco Lucano ne diventa il faro: apre scuole, offre lavoro e possibilità, restituisce vita e dignità a un paese come Riace, abbandonato e isolato, accogliendo i migranti e offrendo loro una possibilità. Per questo verrà arrestato, processato e condannato. Intanto nel Mar Mediterraneo si muore senza più testimoni, e si continuano a scrivere leggi sbagliate.

È un disegno preparato con spietata lucidità e gli architetti lavorano per un progetto che ogni giorno diventa sempre più chiaro ed evidente. È l’alleanza fra le componenti xenofobe e razziste della società e quella destra estrema che la storia ha conosciuto con un nome che nessuno può fingere di non conoscere: fascismo. È quella la “matrice”, una parola diventata di moda dopo la giornata di sabato 9 ottobre 2021 a Roma, quando lo squadrismo fascista ha dato l’assalto alla sede del sindacato più rappresentativo del mondo del lavoro: la CGIL. Quel sabato rappresenta un punto di non ritorno, una firma che nessuno può più fingere di ignorare, è il punto di saldatura con gli altri demoni che dipingono la nuvola nera sul cielo dell’Europa.

Quei demoni non sono cani sciolti, sarebbe un grave errore definirli così: quei demoni, hanno anche il nome di quegli Stati membri dell’Europa che hanno fatto del sovranismo e della cultura dei muri e del filo spinato la loro dottrina. Austria, Cipro, Danimarca, Grecia, Lituania, Polonia, Bulgaria, Repubblica Ceca, Estonia, Ungheria, Lettonia e Slovacchia: sono i 12 Stati che, con una lettera ufficiale indirizzata alla Commissione europea e alla presidenza di turno del Consiglio Ue, chiedono “nuovi strumenti per proteggere le frontiere esterne dell’Ue di fronte ai flussi migratori, anche col finanziamento europeo di recinzioni e muri”. Appare del tutto evidente che una richiesta del genere non si limiti a chiede alla Comunità Europea di finanziare questo progetto, ma punti a qualcosa di più ambizioso: per esempio mettere fine a qualsiasi idea di una reale politica di accoglienza. Un piano politico sull’immigrazione e sulla richiesta di asilo è da sempre visto come il fumo negli occhi dai sovranisti europei, nessuno escluso.

La reazione della Comunità e la risposta, per quanto negativa, lascia margini di dubbi e di amarezza: quando la commissaria Ylva Johansson afferma che “se uno Stato membro ritiene che sia necessario costruire una recinzione, lo può fare e non ho nulla da obiettare. Utilizzare fondi dell’Ue per finanziare la costruzione di una recinzione anziché altre attività molto importanti, questo è un altro paio di maniche”. Ecco, è quel “nulla da obiettare” che spaventa e lascia l’amaro in bocca.

L’Europa sognata Altiero Spinelli e immaginata nel “Manifesto di Ventotene”, era un’Europa che doveva essere capace di “riprendere immediatamente in pieno il processo storico contro la disuguaglianza e i privilegi sociali, cioè dovrà porsi l’emancipazione delle classi lavoratrici e la realizzazione per esse di condizioni più umane di vita. Per creare intorno al nuovo ordine un larghissimo strato di cittadini interessati al suo mantenimento, e per dare alla vita politica una consolidata impronta di libertà, impregnata di un forte senso di solidarietà sociale”.

Ecco allora che quella nuvola nera non solo non ha mai letto il libro del ‘900 davanti a uno specchio, ma vuole scriverne un altro. È un libro che l’Europa ha già letto, è un libro sporco e maledetto, chiunque proverà a riscriverlo e chiunque starà in silenzio, oggi come nel secolo scorso, dovrà assumersene la responsabilità di fronte alle generazioni che verranno. L’orologio della storia sembra fermarsi e le sue lancette rischiano di tornare indietro, sotto il peso di quella nuvola nera.

Maurizio Anelli -ilmegafono.org