Baci, abbracci, strette di mano e pacche sulle spalle: è il linguaggio non verbale che ha caratterizzato la visita di tre giorni del presidente francese Emmanuel Macron negli Stati Uniti, conclusasi il 27 aprile. Accolto con tutti gli onori dall’omologo Usa, Donald Trump, il giovane inquilino dell’Eliseo ha avuto anche la possibilità di parlare al Congresso, dove ha tenuto un discorso vibrante e dai toni solenni, rigorosamente in lingua inglese. Macron è stato il primo leader europeo a essere ricevuto dal capo della Casa Bianca e la sua visita a Washington ha un significato particolare per l’Europa: Trump sembra averlo scelto infatti come interlocutore privilegiato per riprendere quel dialogo con l’Ue interrottosi dopo la sua elezione alla guida della potenza nordamericana.

Nel discorso ai parlamentari Usa, Macron ha lanciato un appello per la nascita di una nuova forma di “multilateralismo”, come asse portante dell’ordine mondiale del XXI secolo, ha lodato la globalizzazione economica e criticato l’isolazionismo e il nazionalismo, alludendo a scelte (evidentemente non condivise) dello stesso Trump in materia di politica internazionale. Macron ha anche cercato di convincere gli Stati Uniti a tornare indietro sulla decisione di ritirarsi dall’accordo globale sul clima e non a caso a Washington lo hanno accompagnato, tra gli altri, i ricercatori Venkatramani Balaji e Christopher Cantrell, vincitori della borsa “Make Our Planet Great Again” (lanciata dallo stesso presidente francese nel 2017).

“Lavoriamo insieme per rendere il nostro pianeta di nuovo grande”, ha detto Macron ai parlamentari Usa, parafrasando lo slogan elettorale di Trump. Terminato il discorso al Congresso, Macron è andato a rendere omaggio al memoriale di Martin Luther King a Washington, insieme al senatore nero John Lewis, uno degli avversari più agguerriti di Trump. Le foto che però vediamo della sua visita a Washington mostrano un Macron estremamente affabile con Trump e tra i due sembra esserci un’intesa forte.

È ancora presto per dire se si tratti di una nuova amicizia o di una simpatia solo apparente. Certo è che i due leader hanno già stretto un patto di fuoco su una questione importante come la Siria, dove la Francia ha appoggiato gli Stati Uniti nel bombardamento del 14 aprile a Damasco e Homs contro obiettivi militari del regime (accusato di un presunto attacco chimico avvenuto una settimana prima a Douma).

Lo stesso Macron ha anche proposto a Trump di riscrivere l’accordo sul nucleare iraniano, che tenga conto delle preoccupazioni statunitensi sul programma missilistico di Teheran. La sua apertura nei confronti di Washington, in questo caso, non sembra però aver sortito effetti: Trump, infatti, è ancora determinato a “strappare” lo storico patto siglato nel 2015 a cui hanno aderito anche Regno Unito, Russia, Cina, Francia e Germania. Macron ha comunque aperto la strada ad un rinnovato dialogo tra l’Europa e gli Stati Uniti: dopo di lui infatti è andata a Washington la cancelliera tedesca Angela Merkel con l’obiettivo di salvare l’accordo sul nucleare iraniano. Se la pressione congiunta dei due leader europei dovesse avere successo, potremmo assistere alla rinascita dell’asse franco-tedesco alla guida dell’Ue.

Giorgia Lamaro -ilmegafono.org