Il filosofo Noam Chomsky scrive: “La rapidità con cui una notizia viene fornita dà l’illusione di vivere al centro degli avvenimenti, ma significa soltanto che siamo sottoposti a una propaganda ancora più intensa. Quando gli avvenimenti sono istantanei e appassionanti, ci lasciamo trascinare dal loro flusso. Secondo me la superficialità, non la rapidità, incide sulla percezione del presente. Ma si fa di tutto per cancellare ogni memoria”. Probabilmente, la notizia dell’arresto di Paolo Bellini, avvenuto il 29 giugno 2023, non è stata diffusa quanto avrebbe meritato, vista la caratura criminale del personaggio, oppure è stata giudicata poco appassionante o, meglio ancora, “qualcuno” vorrebbe cancellare ogni memoria. Ma chi è Paolo Bellini? Il suo nome, da italiano settentrionale, non è molto caratteristico; insomma non è Totò Riina (Totò ‘u curtu), non è Bernardo Provenzano (Zi’ Binnu), non è, ancora, Raffaele Cutolo (‘o Vangelo). Il suo è un nome che potrebbe passare inosservato, eppure è uno dei criminali e terroristi più potenti e oscuri del nostro Paese.

Il nome di Paolo Bellini e la sua persona si trovano a Bologna, il 2 agosto 1980, quando la stazione centrale diventa un inferno, causando 85 morti e oltre 200 feriti, ma si trovano anche a Palermo e nelle varie stragi di mafia del 1992. Non solo. Il suo nome sembrerebbe legato alla loggia massonica P2 e a Licio Gelli, alla destra eversiva e vicino a uomini appartenenti ai servizi segreti italiani. Nasce nel 1953 a Reggio Emilia: figlio di un ufficiale della Folgore, nostalgico del ventennio mussoliniano, segue le orme del padre fascista. Frequenta il Movimento Sociale Italiano e i vertici della Giovane Italia, ritenuta dai missini stessi troppo “turbolenta”. A 18 anni fa il militare nelle forze corazzate e si addestra come paracadutista. Si avvicina quindi agli ambienti di Avanguardia Nazionale (organizzazione neofascista e golpista fondata nel 1960) e il 15 giugno 1975 commette l’omicidio del militante di Lotta Continua, Alceste Campanile, per il quale viene riconosciuto colpevole nel 2009, ma prosciolto per prescrizione.

Nello stesso periodo viene sospettato, ma non indagato, per un’intimidazione a colpi di carabina nei confronti di un avvocato socialista, Dino Felisetti, presidente della Commissione Giustizia della Camera dei Deputati dal 1983 al 1987. Il 22 settembre 1976 spara alla schiena e ai testicoli di un commerciante d’auto romano, Paolo Relucenti, all’epoca fidanzato della sorella, “per ragioni d’onore”. Entra a far parte della “banda del grana”, dedita ai furti di parmigiano reggiano, ma con il suo ingresso la banda sale di livello e inizia a occuparsi del “commercio” di mobili antichi e opere d’arte. Indagato per la strage alla stazione di Bologna, Bellini nega la sua presenza in città la mattina del 2 agosto, indicata da due testimoni, fornendo un alibi familiare che nel 1992, anno delle stragi di mafia, porta al suo proscioglimento.

Nel 2019, però, l’ex moglie Maurizia Bonini riconosce il suo volto nelle immagini di un video amatoriale girato alla stazione di Bologna il 2 agosto 1980, poco prima della strage. L’alibi viene quindi ritenuto falso dai giudici e Bellini viene processato dalla Corte d’Assise di Bologna, dove viene condannato all’ergastolo in primo grado per concorso in strage. Oltre a Bellini, la Procura generale ritiene Licio Gelli, Umberto Ortolani, Federico Umberto D’Amato e Mario Tedeschi, tutti deceduti e quindi non più imputabili, i mandanti, finanziatori o organizzatori della strage. È stato descritto come “il quinto uomo” della strage, in riferimento a Giuseppe Valerio Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini, già condannati in via definitiva, e Gilberto Cavallini, riconosciuto colpevole in primo grado. Questo soggetto, che fa apparire certi mafiosi come novizi di un seminario, nel corso degli anni sarebbe diventato killer per la ‘ndrangheta e infiltrato in cosa nostra.

Era libero in attesa del processo d’appello, ma è stato intercettato dalle Procure di Firenze e Caltanissetta, che indagano sulle stragi di «terrorismo mafioso» del 1992 e 1993. L’ordinanza d’arresto è stata emessa dai giudici della Corte d’Assise d’appello di Bologna. Ora Bellini è in carcere a Spoleto. Si trova in carcere perché sospettato di pianificare vari omicidi, tra cui quello della ex moglie Maurizia Bonini, che ha testimoniato contro di lui. Inoltre è stato intercettato anche nell’inchiesta sugli attentati di mafia del 1992-1993. Prima delle stragi mafiose del 1992-93, Bellini, come riporta il sito dell’Espresso, si era infatti inserito, come già scritto, anche in cosa nostra, per conto di un carabiniere del Ros che voleva recuperare capolavori dell’arte rubati dalla mafia, e aveva incontrato in particolare il boss stragista Antonino Gioè, che si è poi ucciso in carcere in circostanze oscure, accusandolo in uno scritto di essere un infiltrato dei servizi.

Tra una missione e l’altra, come ha poi confessato lui stesso, Bellini è diventato un killer della ‘ndrangheta emiliana e ha commesso omicidi anche in Calabria. Arrestato alla fine degli anni ‘90, si è dichiarato pentito ed è stato scarcerato con lo status di collaboratore di giustizia. I magistrati di Bologna e gli avvocati di parte civile spiegano in numerosi atti che Bellini è stato sicuramente protetto e coperto per molti anni da apparati di sicurezza e servizi segreti deviati. Se dopo l’arresto di oggi dovesse pentirsi veramente, una sua confessione piena e totale potrebbe chiarire e forse riscrivere tutta la storia delle stragi, dalle bombe neofasciste degli anni Settanta agli attentati della mafia siciliana e calabrese mentre crollava la prima Repubblica.

Oltretutto, prima del 1980, è tornato in Italia con un passaporto brasiliano di copertura e, da latitante sotto falsa identità, è diventato pilota d’aereo a Foligno, dove era ospitato da due parlamentari del Msi e portava in volo gratis anche l’allora procuratore di Bologna, Ugo Sisti, che indagava sulla strage alla stazione, figura molto ambigua, tirata in ballo più volte in indagini e processi. Insomma, Bellini è un personaggio pericoloso e potente, inquietante e infido. Paolo Bellini è stato coperto e, ancora oggi, la sua figura rimane quasi di secondo piano. Ne è prova la notizia del suo arresto, passato inosservato, sottaciuto anche dalla politica o da chi, al governo del Paese, preferisce occuparsi di altro per evitare di sentirsi a disagio, vista la comune provenienza politica.

Questo Paese avrebbe la necessità, come scrisse Pier Paolo Pasolini, di un grande processo penale che porti molti di coloro che hanno governato l’Italia sul banco degli imputati: “E quivi accusati di una quantità sterminata di reati: indegnità, disprezzo per i cittadini, manipolazione del denaro pubblico, intrallazzo con i petrolieri, con gli industriali, con i banchieri, collaborazione con la Cia, uso illegale di enti come il Sid, responsabilità nelle stragi di Milano, Brescia e Bologna (almeno in quanto colpevole incapacità di colpirne gli esecutori), distruzione paesaggistica e urbanistica dell’Italia, responsabilità della degradazione antropologica degli italiani, responsabilità dell’esplosione ‘selvaggia’ della cultura di massa e dei mass-media, corresponsabilità della stupidità delittuosa della televisione. Senza un simile processo penale, è inutile sperare che ci sia qualcosa da fare per il nostro Paese”.

Vincenzo Lalomia -ilmegafono.org