La settimana scorsa abbiamo tutti assistito, attoniti, all’inevitabile disfacimento di uno dei monumenti più importanti e frequentati del mondo, la cattedrale parigina di Notre-Dame. Questa cattedrale, che affonda le sue radici nel Medioevo, risale al XII secolo e, nonostante i numerosi restauri che ne hanno interessato la struttura, conservava ancora delle parti risalenti alla sua fondazione. Erano più di 1.300 gli alberi che componevano l’intrecciato soffitto, un bosco artificiale nascosto sopra la volta di pietra della cattedrale e che ne sorreggeva le guglie e il tetto esterno.

Questo piccolo bosco risaliva al 1200 ed era quindi estremamente stagionato e secco. Sono bastate pochissime ore a diffondere l’incendio sull’intera copertura di Notre-Dame. I pompieri che hanno partecipato, numerosissimi, allo spegnimento dell’incendio sono stati insigniti con una medaglia al valore dal presidente Macron. Tristemente, il presidente affermava durante l’incendio “…brucia una parte di noi…”.

In pochissimi giorni sono stati raccolti centinaia di milioni di euro per il restauro di questo simbolo della Francia. Nonostante i gravi danni subiti e i prognostici degli specialisti italiani (che ipotizzavano restauri trentennali), a quanto pare la cattedrale sarà restaurata in 5 anni. Lo speriamo tanto. Il Vaticano, che dovrebbe avere a cuore il mantenimento delle cattedrali, propone il savoir-faire dei propri restauratori ma non offre aiuti economici di nessun tipo. È dal 1789 che tutte le chiese di Francia appartengono allo Stato e il Vaticano non vuole di certo aiutare chi gli ha sottratto così tanti beni. Dovremmo prendere spunto dalla Francia.

Credo che questa vicenda sia un esempio eccellente di resilienza. Rende infatti l’idea di come dovrebbe reagire una nazione unita di fronte a una tragedia che la colpisce al cuore. Personalmente ammiro moltissimo il coraggio e la determinazione con cui il governo francese e la Francia tutta ha affrontato questa triste vicenda.

No. Non è morto nessuno, non è un episodio paragonabile ad esempio al crollo del nostro “ponte Morandi”, ma di sicuro si tratta di un simbolo eccellente, di cui hanno parlato scrittori e poeti e che non può e non deve scomparire.
Pensando ad un esempio simile, di un qualcosa d’insostituibile per lo skyline di una città italiana, mi viene in mente il caso del campanile di San Marco a Venezia. In pochi sanno infatti che questa architettura è letteralmente collassata nel lontano 1902 e che fu ricostruita “com’era e dov’era”.

Come nel caso del campanile, una volta restaurata la cattedrale, dell’incendio resterà solo un ricordo che tenderà a scomparire del tutto con il tempo. Quindi non minimizziamo, come hanno fatto alcuni, questo tragico evento dicendo che non vale la pena disperarsi per una cattedrale che era stata restaurata pesantemente nel XIX secolo da Viollet-le-duc e che quindi non merita di essere compianta come se fosse “originale”.

Quando si parla di simboli nazionali così importanti fare discorsi del genere è da capre insensibili. Quando ci sono ferite così importanti il governo di un paese civile deve sbrigarsi a rimarginarle, e senza fare troppo rumore. Senza avere il cattivo gusto di sfruttarle a fini politici.

Angelo De Grande -ilmegafono.org