L’acqua come arma da guerra utilizzata dalla Turchia per condannare a morte i curdi nel Rojava, nel Kurdistan Siriano. Il regime turco, infatti, chiude le forniture idriche impedendo l’afflusso d’acqua ad Hasaka, e ora si teme una catastrofe umanitaria. Una tattica subdola e barbara quella messa in atto dalla Turchia ad Hasaka, cuore pulsante nel Kurdistan Siriano, da quando ogni condotto d’acqua è stato chiuso condannando a stenti e sofferenze centinaia di civili. La vita degli esseri umani curdi, per il presidente turco Recep Tayyip Erdogan non vale una goccia, così in piena emergenza sanitaria e nei mesi più caldi, il sultano Erdogan usa l’acqua come arma da guerra per commettere l’ennesima violazione di diritti umani contro il popolo curdo. “Stiamo morendo di sete”, urlano le famiglie curde.

Da più di un mese, mercenari turchi che controllano la stazione idrica di Allouk (Elok) stanno infatti bloccando l’afflusso d’acqua alle città e alle regioni di Heseke e Tel Tamir, già compromesse da una situazione precaria dovuta sia alla stessa posizione geografica, che espone il territorio a estati torride, sia all’emergenza sanitaria relativa al Covid-19, che non ha di certo risparmiato le zone del Rojava.
Nei campi profughi, centinaia di famiglie stanno cercando di fare scorte di acqua in ogni modo possibile. “La Turchia – ci dice una dottoressa di Heyva sor a Kurd, la Mezzaluna Rossa Curda – continua ad usare l’acqua per minacciare la gente. L’intento è far arrendere la popolazione per prendersi le loro terre. Lo fa usando un’arma che è un crimine contro l’umanità, e fa così leva sulla paura delle famiglie di morire di sete”.

Un crimine contro l’umanità, appunto, che come tutti gli altri giocati subdolamente sulla scacchiera del Kurdistan la Turchia continua a perpetrare nel più assoluto silenzio internazionale di chi non vuol vedere, di chi continua a tacere. La crisi sotto ogni aspetto che sta colpendo la Siria del Nord Est continua a consumarsi come neve al sole sotto gli occhi di tutti. Si stima che la Turchia abbia il potenziale per tagliare completamente l’acqua del fiume Eufrate per 3 anni attraverso le dighe di cui è in possesso. Già ora, poiché l’acqua è stata drasticamente ridotta per alcune settimane, si notano gli effetti drammatici sull’agricoltura nel territorio.

Hasaka ne sta incassando interamente i colpi anche sotto ulteriori aspetti che riguardano la carenza di elettricità e gas. Una quotidianità che lede la salute dei cittadini. Un’intera popolazione portata allo stremo delle forze. “È terribile – ci racconta un civile di Hasaka – ogni giorno siamo pedine nelle mani di Erdogan e non dobbiamo lottare per una vita, ma per la sopravvivenza nella nostra stessa terra”. Eppure il silenzio internazionale funge da macabro sfondo che ancora una volta copre i crimini di guerra di uno Stato, quale la Turchia, in perenni accordi economici anche con il nostro Stivale.

Rossella Assanti -ilmegafono.org