La vicenda che ha monopolizzato l’opinione pubblica per settimane si concluderà in tribunale. Carola Rackete, la settimana scorsa, ha querelato Matteo Salvini a causa delle ripetute offese che il leader della Lega ha rivolto al capitano della Sea Watch a mezzo social network. La reazione a questa notizia da parte del Viminale è stata ancora una volta di scherno nei confronti di Carola che è stata già definita una “ricca e viziata comunista tedesca”. La Rackete, inoltre, sta riflettendo sulla possibilità di agire legalmente anche sulle migliaia di persone che, spinte anche da alcuni post di chiara incitazione di Salvini, l’hanno insultata in maniera anche grave e pesante. Ma quali sono i rischi che corrono tutte queste persone? E quali quelli legati alla condotta del ministro dell’Interno?

Per quanto riguarda il leader della Lega, stando all’articolo 595 del codice penale che tratta la diffamazione, è facile ricondurre la condotta di Salvini a quella descritta. Il ministro dell’Interno, che ha ricordato di non vedere l’ora di incontrare Carola Rackete in tribunale, nel corso dei giorni in cui la Sea Watch è entrata nel porto di Lampedusa, ha rivolto numerose ingiurie al capitano della nave. Dalla parola “criminale”, che è stata ripetuta parecchie volte, all’accusa di aver attaccato e speronato volontariamente la motovedetta della Guardia di finanza con il rischio di uccidere le forze dell’ordine, le considerazioni di Salvini espresse su una persona indagata ma non condannata sono sotto gli occhi di tutti. Chiaramente, per chiunque abbia visto il video dell’accaduto, è abbastanza facile riuscire a capire come queste parole mistifichino la realtà di quello che poi è successo nella realtà.

Non sazio, il ministro, oltre a diffamare il gip di Agrigento e la magistratura in generale in seguito alla non convalida dell’arresto della Rackete, ha poi promesso l’espulsione (respinta) della capitana, indicandola come “pericolosa per la sicurezza nazionale”. Nei giorni successivi gli epiteti “criminale”, “fuorilegge”, “delinquente” si sono ripetuti a cadenza più o meno regolare, una o due volte al giorno, fino al momento della querela. Ironicamente, da quel momento, dopo il commento di scherno, i post in cui il ministro dell’Interno usava quei termini si sono interrotti, passando ad un atteggiamento passivo-aggressivo ma sempre attento a non utilizzare una terminologia che potrebbe essere passibile di una denuncia.

Alcuni giuristi autorevoli hanno immaginato che, anche in questo caso, come in quello della nave Diciotti e dell’accusa di sequestro di persona, Salvini potrebbe nascondersi dietro l’esercizio delle sue funzioni andando dunque a innescare un meccanismo che porterebbe ad una seconda non autorizzazione a procedere da parte del parlamento. Nell’analisi di questa ipotesi, non bisogna lasciarsi influenzare dall’arroganza con cui Salvini si è posto nei confronti del processo, visto che, anche nel caso sopra citato, si era detto desideroso di essere giudicato salvo poi nascondersi dietro la protezione del parlamento. C’è però da osservare come questa volta la faccenda sia molto diversa e sarebbe assurdo se ci venissero a raccontare che l’insulto nei confronti di gente incensurata rientra nell’esercizio delle funzioni amministrative. Se poi passasse il concetto che basta essere indagati per essere chiamati criminali, i danni alla società civile sarebbero ancora maggiori.

Insomma quello che aspetta Salvini, oltre all’ennesima pessima figura, è probabilmente una pena pecuniaria salata, ma che certamente non lo costringerà a dei sacrifici economici rispetto al suo stile di vita. Lui non sarà tedesco né viziato né comunista, ma di certo dopo una vita a libro paga dello Stato potrà dirsi ricco. Diverso è invece il destino che attenderebbe le diverse migliaia di persone che hanno insultato reiteratamente Carola sui social. Un processo questo che, ammesso che si tenga, porterà certamente a delle sanzioni pecuniarie pesanti su tante famiglie. Aldilà di questo aspetto però non può più passare il messaggio che in Italia si possa insultare gratuitamente chiunque, nascondendosi dietro un falso nome o dietro la marea di messaggi che ogni giorno vengono prodotti sui social network. Chi sbaglia paga, in questo modo si costruisce una società civile più tutelata e più consapevole. L’ennesima lezione che potrebbe dare Carola al nostro paese.

Vincenzo Verde -ilmegafono.org