Sono tanti i misteri che nella storia del nostro Paese sono rimasti tali. Storie di omicidi, rapimenti, scomparse per i quali ancora non ci sono dei responsabili e per i quali dunque non c’è ancora giustizia. In settimana sono ricorsi 50 anni dalla scomparsa di Mauro De Mauro, brillante cronista de “L’Ora”, che operava a Palermo da molti anni e si era occupato anche di mafia con la sua instancabile passione e precisione. Negli anni ‘70, nel capoluogo siciliano, le scomparse e gli omicidi a sangue freddo erano all’ordine del giorno, ma senza dubbio la storia di De Mauro è una delle più insolite. Secondo la ricostruzione di Giuseppe Pipitone nel suo libro “Il caso De Mauro”, il 16 settembre 1970, mentre il giornalista si recava a casa, fu intercettato nell’androne del suo palazzo e fu costretto a rimettersi in macchina con i suoi rapitori di fianco, davanti agli occhi della figlia che intanto era scesa a controllare i motivi del ritardo del padre. De Mauro non fu mai più rivisto e il suo corpo mai ritrovato.

Le ragioni che portarono al rapimento di De Mauro sembrano collegate ad una inchiesta che aveva portato avanti qualche anno prima e sulla quale stava ricominciando a lavorare. Come emerso dalla sentenza della Cassazione del 2011, probabilmente il giornalista aveva in mano tutta una serie di prove documentali che avrebbero aiutato a risolvere il caso Mattei, un altro mistero tutto italiano che aveva coinvolto l’ex capo dell’ENI in un disastro aereo di chiara natura dolosa. Entrambe queste storie sono ancora oggi immerse nell’ombra e sono ignoti i colpevoli. Ci sono chiare ed evidenti ragioni per formulare ipotesi o speculazioni, ma la magistratura non è riuscita ad emettere alcuna sentenza di condanna.

Nel caso De Mauro, la Cassazione, nelle motivazioni inerenti alla sentenza di assoluzione di Totò Riina, ha raccontato senza mezzi termini di una “verità massacrata da un massiccio e mirato depistaggio”. Un fenomeno analogo a quello dello stesso caso Mattei e che certamente non è insolito soprattutto nei processi per mafia. Ciò rende evidente quanto sia difficile affrontare la criminalità organizzata anche arrivati nelle aule dei tribunali. Nonostante questo, non si può non evidenziare come queste verità sommerse rappresentino una sconfitta per il sistema giudiziario italiano che non si è rivelato in grado, neanche nei tempi biblici tipici del nostro ordinamento, di dare un senso alla morte di uomini italiani che con le loro vite hanno contribuito alla grandezza del nostro Paese, con l’unico meraviglioso difetto di non piegarsi di fronte alle minacce e alle ingiustizie.

50 anni dopo il rapimento di Mauro De Mauro e 67 anni dopo l’assassinio di Enrico Mattei, non c’è verità e non c’è giustizia. Loro nemmeno ci sono più, la mafia invece c’è ancora. Combatterla oggi più che mai, è un dovere di tutti.

Vincenzo Verde -ilmegafono.org