Questa storia non è nota ai più, ma la documentazione esistente, purtroppo, ne attesta la verità. Il 3 marzo del 1799, quasi al termine della Campagna d’Egitto (che ufficialmente finì nel 1801, ma che in pratica si rivelò un fallimento qualche mese dopo quel 3 marzo), Napoleone Bonaparte mise a ferro e fuoco Giaffa, una città che già all’epoca era quasi un mito (secondo la leggenda a fondarla fu il figlio di Noè). Nel giro di una settimana varcò le sue mura maestose e la prese, col suo esercitò che mostrò una particolare ferocia per via, probabilmente, della violenza esercitata sui messaggeri francesi inviati per trattare la resa della città prima di quella che fu poi la sua definitiva capitolazione.

Ora: se l’assedio di Giaffa è più o meno noto per via dell’importanza della campagna d’Egitto, meno noto è il modo in cui Napoleone trattò i prigionieri che fece a Giaffa. E forse è meno noto per l’orrore, freddissimo e quasi scientifico, con cui li trattò: in migliaia s’erano arresi (le fonti parlano di 2440 o addirittura 4100 ottomani), ma per i tredicimila uomini di Bonaparte tutti quegli uomini rappresentavano un peso non indifferente, erano bocche da sfamare e corpi da sorvegliare o da portare in giro durante la Campagna. Così si decise per la fucilazione di massa e, visto che le pallottole andavano risparmiate, molti di loro furono finiti in punta di baionetta. Una strage.

Ma com’è che m’è venuta in mente la strage di Giaffa? Lo so, è azzardato, però nella mia testa s’è acceso il ricordo di questo episodio storico quando, per l’ennesima volta, ho sentito che l’Europa lasciava in mare, al freddo dell’inverno che fa della distesa d’acqua un terribile non-luogo, 49 disperati. A bordo della Sea Watch e della Sea Eye c’erano donne, uomini e bambini, con poche risorse e moltissimo freddo, e nessun porto in Europa, per venti giorni, si è aperto per loro. È vero, solo in Germania più di trenta città erano pronte all’accoglienza, ma la sostanza non cambia: la testa dell’Europa è sempre più spietata, e il cuore rimane indietro.

Non verranno fucilati né passati di baionetta, quei 49 esseri umani, ma si è combattuta ugualmente una guerra sulla loro pelle, e ugualmente le loro vite sono state, sono e saranno considerate un peso. Hanno l’etichetta di rifiutati: sfamarli è stato un problema per venti giorni, né gli è stato concesso di approdare fino a quando la situazione non è diventata imbarazzante perfino per questa Europa.

Quanto siamo distanti dal 1799? Oggi consideriamo eroica la disobbedienza di Leoluca Orlando e dei sindaci che l’hanno seguito nel dire no a quel folle decreto ‘sicurezza’. “Non posso essere complice di una violazione palese dei diritti umani, previsti dalla Costituzione, nei confronti di persone che sono legalmente presenti sul territorio nazionale”, dice il sindaco di Palermo, e noi siamo qui sulle tastiere a ribattere le sue parole considerando il suo gesto di umanità un’eccezione a quella che pare voler diventare una regola.

Regola, un glaciale tratto d’inchiostro: perché addirittura c’è chi sta dalla parte di Orlando ma si chiede se è il caso di fare come lui, e quindi di contravvenire alla regola. Quando invece si potrebbe finalmente alzare una sola, fortissima voce, capace di far vacillare pure quell’uomo al comando del Viminale, che dice che la gente è con lui, quella gente che lui ha deciso di ammucchiare dalla sua parte, lasciando al di là della sua ideale linea razziale tutti quelli che sono un peso, tutti gli ostaggi di questo folle, adolescente ventunesimo secolo.

Salvini dice che “chi aiuta i clandestini odia gli italiani e risponderà alla storia”: usa la più bassa delle retoriche, cercando di premere sulla pancia del suo elettorato e mettendo ancora una volta gli uomini contro gli uomini. Usa il termine ‘odio’ a suo vantaggio, accoppiandolo a uno dei termini a lui più cari, ‘italiani’, e chiama in causa la storia. Ma la storia, sebbene spesso coperta di polvere, non potrà mentire. Non può essere dimenticato il Bonaparte di Giaffa, non lo sarà mai, e mai verranno dimenticati i corpi costretti a lungo a sopravvivere sul mare, nerissimo e gelido, mentre i potenti d’Europa allungano le loro ombre brindando al caldo delle fiamme dei grandi focolari.

Seba Ambra -ilmegafono.org