Da due anni la procura di Firenze sta indagando su presunti collegamenti tra la politica e la strategia stragista di cosa nostra di inizio anni ‘90. Nello specifico, spinti dalle richieste di chiarimento dei legali di Silvio Berlusconi, la settimana scorsa i pm hanno messo nero su bianco l’iscrizione del leader di Forza Italia nel registro degli indagati. Nello scenario politico attuale, argomenti come questo sembrano ormai obsoleti, considerando che sono cambiati i principali interlocutori di riferimento. Non bisogna però commettere l’errore di sottovalutare il dolore dei familiari di chi ha perso la vita nelle stragi e soprattutto la giustizia che lo Stato italiano deve garantire loro.

Trattare questa vicenda è oltretutto fondamentale per analizzare in maniera approfindita lo scenario politico dell’epoca (e gli eventuali prolungamenti fino a quella attuale) anche se va precisato che solamente le sentenze definitive accerteranno senza alcun dubbio come sono andate le cose. Fino ad oggi una delle poche sentenze definitive su questo argomento, riguardanti il “cerchio magico” di Berlusconi, ha portato, nel 2014, alla condanna a 7 anni per Marcello Dell’Utri per concorso esterno in associazione mafiosa. Una pena, quella a carico del cofondatore di Forza Italia, scontata fino all’anno scorso in carcere, salvo poi essere commutata con il trasferimento ai domiciliari per motivi di salute.

Sulla sentenza del 2014 è inoltre fondamentale specificare che i fatti si riferivano agli anni immediatamente precedenti alla salita al potere di Berlusconi e anche per questo, in quel caso, non si è potuto parlare dell’ipotesi di una vera e propria trattativa Stato-mafia. Oggi però, almeno stando alle indagini in corso, le cose sarebbero cambiate. I reati per cui è indagato Berlusconi, secondo i giudici sarebbero stati commessi durante il primo governo da lui presieduto. Si tratta di una presunta collaborazione tra cosa nostra e politica sulla serie di bombe esplose a Firenze, Milano e Roma e sugli attentati falliti al pentito Totuccio Contorno e al giornalista Maurizio Costanzo, all’epoca molto attivo in materia di antimafia.

L’inchiesta è stata riaperta due anni fa, successivamente alle intercettazioni di Michele Graviano, ex boss di mafioso attualmente in carcere, il quale aveva fatto esplicitamente il nome di Berlusconi facendo riferimento a presunti favori fatti all’ex presidente del Consiglio. A ciò bisogna aggiungere che l’indagine riguarda fatti di una gravità superiore per i quali il nostro codice civile non prevede una prescrizione, quindi su questa faccenda la magistratura dovrà necessariamente fare luce arrivando a una sentenza di condanna o di assoluzione per Berlusconi e Dell’Utri.

Insomma sembra che questa volta si possa arrivare a mettere un punto su questa vicenda. Sui presunti rapporti tra Berlusconi e mafia si è speculato tantissimo fino a qualche anno fa e i cittadini italiani che per un ventennio hanno democraticamente affidato al cavaliere la guida del paese meritano di sapere come stiano i fatti. Perplimono invece le considerazioni in merito alla vicenda di alcuni dei principali esponenti del centrodestra e non solo. A partire da Salvini, che ha dimostrato vicinanza al suo ex leader di coalizione parlando di “giudici che usano le proprie risorse per indagini senza logica”, alla Meloni, che ha riscaldato la solita minestra della “magistratura politicizzata”, fino alle discutibilissime dichiarazioni di Matteo Renzi che si è bellamente sostituito alla magistratura dichiarando che sulla colpevolezza del suo avversario politico “non c’è uno straccio di prova”. I familiari delle vittime chiedono verità e giustizia, ma forse alla politica di oggi, come a quella di ieri, questi due concetti risultano fastidiosi.

Vincenzo Verde -ilmegafono.org