Non è più sufficiente limitare l’aumento delle temperature medie a 2°C, presto sarà necessario mantenersi mezzo grado in meno per evitare catastrofi, siccità e innalzamento dei mari. A lanciare l’allarme è l’ultimo rapporto del panel delle Nazioni Unite sul riscaldamento globale, che si è riunito in Corea del Sud. Gli accordi di Parigi sembrano, infatti, non reggere più. Superare il grado e mezzo di riscaldamento significherebbe mettere già a rischio molti degli ecosistemi più fragili, come quelli costieri o del Pacifico. Per non parlare degli effetti che si potrebbero verificare se ci avvicinassimo ai 2 gradi: si potrebbe arrivare alla cancellazione delle barriere coralline, 420 milioni di persone in più sarebbero esposte a ondate di siccità e 10 milioni in più alle inondazioni.

“Limitare il riscaldamento globale a 1,5°C rispetto ai 2°C ridurrebbe molti impatti gravi sugli ecosistemi, sulla salute umana e sul benessere – dichiara Priyardarshi Shukla, copresidente del gruppo di lavoro dell’Ipcc -, rendendo più facile il raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (Sdg) delle Nazioni Unite”. Le conseguenze non sono da sottovalutare, in quanto si assisterebbe a meno carestie, meno povertà, meno migrazioni di massa, meno mortalità infantile, meno rischi per la salute. In sostanza, si salverebbero decine di milioni di vite, che invece verrebbero messe a rischio a causa delle forti ondate di calore.

Raggiungere l’obiettivo di restare sotto la soglia di 1,5 gradi si può, ma è necessario adottare una serie di misure immediate e drastiche. Intanto, bisognerà dare un taglio del 45 per cento alle emissioni di CO2 entro il 2030, rispetto ai livelli del 2010, fino ad arrivare al 100 per cento entro il 2050. Un altro fattore importante sarà l’abbandono del carbone come fonte elettrica e, di conseguenza, la crescita dal 20 al 67 per cento della quota di rinnovabili nel mix energetico.

Per avviare un processo di decarbonizzazione dell’economia globale, il report suggerisce l’introduzione di una tassa sull’anidride emessa nell’atmosfera, con un prezzo tra i 135 e i 5.500 dollari per tonnellata. Sarà difficile che una decisione del genere venga accettata da tutti i Paesi, ma è indispensabile che vengano presi al più presto seri provvedimenti e che gli accordi stabiliti vengano rispettati.

Veronica Nicotra -ilmegafono.org