A Palazzolo Acreide esiste ancora un barlume di speranza rispetto a valori importanti quali la legalità, il rispetto, la dignità e la memoria. Nel piccolo paese barocco in provincia di Siracusa, celebre anche per aver dato i natali al noto giornalista e intellettuale Pippo Fava, ucciso dalla mafia il 5 gennaio 1984, alcuni studenti di diversi istituti scolastici sono riusciti ad evitare che proprio la memoria del loro concittadino venisse offuscata da un evento a dir poco discutibile.

Lo scorso 28 dicembre, infatti, il cantante neomelodico catanese Niko Pandetta avrebbe dovuto esibirsi di fronte ad alcuni fan del luogo presso una struttura che ospita spesso eventi di questo tipo. Tralasciando generi e gusti musicali quantomeno opinabili, bisogna ricordare che il cantante, oltre ad avere alle spalle reati più o meno gravi (come lo spaccio di stupefacenti), è il nipote del boss Turi Cappello, al momento detenuto in regime di 41bis.

Sappiamo benissimo che le colpe dei padri (o degli zii o dei nonni o dei familiari in genere) non possono ricadere sui figli e che la fedina penale sporca, una volta scontata la pena, non può essere motivo di condanna perpetua. Il problema, però, è che il cantante in questione, nelle sue canzoni, inneggia al proprio congiunto, usando parole di gratitudine e rispetto per il boss. Dimenticando che si tratta del capo di uno dei clan più spietati della Sicilia orientale.

Ecco perché ha fatto bene la società civile di Palazzolo a reagire e far sì che Pandetta non potesse esibirsi nella città di Fava, che proprio dai clan catanesi venne ucciso, punito per la sua attività di giornalista dalla schiena dritta. Per fortuna esiste ancora una forte cultura della legalità o, come precisato da una giovane studentessa, “la cultura di Pippo Fava”. Cultura consapevole che ha portato gli stessi studenti a protestare e a far sì che l’intero paese, grazie ad un vero e proprio passaparola, si mobilitasse e si opponesse all’esibizione di questo “artista” catanese.

È evidente, infatti, che l’evento in questione avrebbe rappresentato non solo un insulto alla memoria di una grande persona e di un grande intellettuale, ma anche un’offesa nei confronti della comunità. Una comunità nella quale le tante iniziative che, da tanti anni, vengono portate avanti nel nome di Pippo Fava, soprattutto nelle scuole, hanno fatto crescere un importante messaggio di legalità.

Un gesto significativo quello degli studenti, così forte e carico di coraggio che merita attenzione e pubblicità, visto anche che Pandetta ha reagito minacciando di querela i giornalisti e ammettendo di non sapere chi fosse Pippo Fava (e gli suggeriamo di informarsi). Questa vicenda mette in luce l’importanza dei percorsi di legalità e il ruolo centrale che i giovani possono e devono giocare nel portare avanti i valori di giustizia in cui uomini come Fava hanno creduto.

In un periodo storico così difficile per il nostro Paese, in un momento in cui di lotta alla mafia si è quasi smesso di parlare, un gesto simile ci dona speranza e fiducia. Il caso di Palazzolo è sicuramente uno dei pochissimi a cui possiamo aggrapparci in giorni come questi. Ecco perché sarebbe importante se questa vicenda di Palazzolo potesse  raggiungere quante più persone possibili in tutta Italia (visto che a molte testate giornalistiche sembra non interessare), per dare un segnale e donare a tutto il Paese e a chi lotta contro la mafia nei vari territori un momento di speranza e di grande dignità.

Giovanni Dato -ilmegafono.org