Ancora una volta i sondaggi non hanno fotografato una situazione che è cambiata radicalmente negli ultimi 10 giorni della campagna elettorale. Il risultato del primo turno in Argentina ha dell’incredibile soltanto se analizzato con gli occhi di un anno fa. Nel frattempo, l’opposizione di centrodestra si è lacerata per scegliere il candidato, con le due anime, quella liberale e quella radicale, in lotta, mentre emergeva la figura bizzarra di Javier Milei, l’anarco-liberista che prometteva guerra alla casta e dollarizzazione dell’economia. Ma il dato meno analizzato è stato il passaggio a ministro dell’Economia di Sergio Massa nel luglio del 2022. Senza nessuna competenza in materia, l’avvocato Massa riuscì però nel suo piano di creare le condizioni per diventare candidato del peronismo contro il volere della stessa Cristina Kirchner. La sua arma è stata l’erogazione a pioggia di soldi, sovvenzioni, esenzioni fiscali e sanatorie.

Tutto a debito, tutto a discapito della lotta all’inflazione che quest’anno ha toccato il 143%, senza nessuna incidenza sulla povertà, ormai attestata sulla soglia del 45% della popolazione. Soldi facili e subito. E nel paese dove quasi metà della popolazione dipende dallo Stato, sia come lavoratore, come pensionato o come percettore di aiuti, la campagna mediatica che puntava sulla paura che il candidato Milei togliesse questa pioggia di soldi ha funzionato alla grande, anche perché Milei stesso confermava di volerlo fare.

Nel ballottaggio del prossimo 19 novembre si scontreranno quindi le due facce della stessa moneta, la sintesi dei populismi latinoamericani. Massa è il populismo progressista sulla carta, ma causa di povertà e inflazione, e Milei il populismo di mercato, che ragiona su una società ideale molto lontana dalla realtà. Il populismo di chi dice “con me sarai sempre povero, ma ti darò una mano” e quello di chi dice “ti devi arrangiare da solo, perché soltanto nel libero mercato ti puoi realizzare”.

Sono posizioni estreme su temi universali che non trovano ovviamente una sintesi in paesi come l’Argentina, che avrebbe invece bisogno di normalità. Per i moderati, la scelta da fare a novembre è ardua, perché l’offerta è appunto radicale, ma anche per i progressisti o per i liberali che devono turarsi il naso e votare uno dei due candidati che agitano bandiere della destra o della sinistra, senza però farne parte a pieno titolo. Si è sempre pensato che l’America latina fosse un laboratorio politico per l’Occidente e, se questo è vero, l’Argentina è il laboratorio dello scienziato pazzo, dove vengono preparate strane pozioni colorate e spumeggianti belle da vedersi, ma che alla fine non cambiano la realtà né guariscono nessuno.

Alfredo Luis Somoza -ilmegafono.org