La Plastic Tax, l’imposta sugli imballaggi in plastica monouso, venne introdotta nella legge di bilancio del 2020. Sono passati già tre anni e questa importante forma di tassazione contro l’inquinamento da plastica non è mai entrata in vigore. Perché? Essenzialmente per due ragioni: le forti pressioni del settore industriale che produce questi imballaggi e l’inerzia complice del governo Meloni. Lo spiega molto bene Greenpeace Italia, che ha presentato la sua indagine (anticipata in anteprima durante un servizio della trasmissione di Raitre, “Report”) sulla mancata entrata in vigore della Plastic Tax che, oltre all’aspetto ambientale, ha prodotto anche la perdita di 1,2 miliardi di euro di soldi pubblici. Come mostra Greenpeace nella sua inchiesta (clicca qui per leggere il rapporto), la non applicazione della Plastic Tax “ha sottratto alle casse pubbliche, negli ultimi 3 anni, circa 1,2 miliardi di euro, considerando la versione attuale della norma, che prevede una tassazione di 0,45 euro per ogni chilogrammo di prodotti in plastica monouso venduti”.

Se poi si considera la versione della Plastic Tax proposta all’origine (1 euro per ogni chilogrammo), la somma di denaro persa supera i 6 miliardi di euro. Oltre ai soldi persi, vanno calcolati anche quelli che l’Italia potrebbe essere costretta a versare all’Europa sulla quantità di imballaggi in plastica che non siamo in grado di riciclare: circa 800 milioni di euro per il solo 2021. Tutti costi che pesano solo ed esclusivamente sulle casse pubbliche e che potevano essere in parte coperti dalla Plastic Tax italiana. L’inchiesta di Greenpeace, oltre a stimare le perdite di gettito fiscale generate dai numerosi posticipi della tassa, ha anche verificato, partendo dai dati ISTAT, lo stato di salute del settore degli imballaggi, che dovrebbe essere maggiormente interessato dalla nuova tassazione.

“L’indice di produzione industriale, il margine operativo lordo e la produzione industriale venduta – scrive Greenpeace – indicano come il comparto degli imballaggi abbia fatto registrare tra il 2020 e 2023 ottimi risultati, nonostante la crisi economica innescata dalla pandemia. Una tendenza analoga a quella registrata dall’OCSE a livello globale”. “In questi anni – continua l’organizzazione ambientalista – abbiamo spesso sentito l’industria italiana lamentarsi per l’introduzione della tassa sulla plastica, paventando crisi, chiusure aziendali e perdite di milioni di posti di lavoro. Ma i dati che abbiamo raccolto dimostrano che queste affermazioni non hanno alcun fondamento. Infatti, questo settore industriale gode di ottima salute e continua a fare enormi profitti, mentre sono a carico della collettività i costi derivanti dal mancato riciclo degli imballaggi in plastica in Italia”. Dal report di Greenpeace, inoltre, emerge una situazione paradossale, che contraddice totalmente le dichiarazioni del governo Meloni e del mondo industriale.

Se è vero, infatti, che governo e industriali sostengono di voler puntare sul riciclo per far fronte alla crescente produzione di packaging in plastica, allora non si capisce come mai poi si oppongono all’entrata in vigore di una tassa come la Plastic Tax, pensata proprio per favorire e “far decollare il mercato dei prodotti riciclati, che sarebbero esclusi dalla tassazione”. Così, mentre il governo e le imprese italiane rimangono inerti, molte altre nazioni (Spagna, Regno Unito e così via) hanno già introdotto una forma di Plastic Tax per incentivare l’uso di plastica riciclata. In Italia, invece, l’introduzione di questo provvedimento è stata ulteriormente posticipata al 1° gennaio 2024.

“Il nostro Paese – conclude Greenpeace – non può più continuare a rimandare, assecondando il volere di un’industria inquinante che continua a fare enormi profitti a scapito di tutti noi! Abbiamo bisogno di una vera economia circolare per ridurre l’inquinamento da plastica usa e getta”. E anche di volontà politiche e industriali precise, che si impegnino davvero nella costruzione di un futuro sostenibile, senza rinvii di comodo e senza privilegiare il profitto di pochi a scapito dell’interesse supremo della collettività.

Redazione -ilmegafono.org