“Per me non sarà una vera Coppa del Mondo e non la guarderò. Non sono contrario all’idea di ospitare un Mondiale in un paese dove c’è la possibilità di sviluppare e promuovere il calcio…In Qatar, invece, la verità è che non esiste un tale potenziale, non c’è niente. Si tratta solo di soldi. Il modo in cui hanno trattato le persone che hanno costruito gli stadi è orribile. Migliaia di persone sono morte, eppure celebreremo questa Coppa del Mondo. Capisco che sia un affare, ma ho sempre pensato che il calcio fosse l’unico posto dove tutti potessero avere una possibilità” (Eric Cantona).

Eric Daniel Pierre Cantona, ex stella del Manchester United, nipote di un rifugiato catalano antifranchista, da sempre in prima fila per i diritti umani, si esprime così sui Mondiali di calcio in Qatar. Pochi giorni soltanto e poi, il 20 novembre 2022, i mondiali della vergogna si prenderanno la scena. Diritti umani e civili negati, libertà di stampa e di espressione, di associazione e di manifestazione, nulla di questo esiste in Qatar. Eppure, in questo scenario, la massima autorità calcistica, la Fédération Internationale de Football Association (FIFA), chiede alle federazioni presenti ai mondiali di “concentrarsi sul calcio lasciando da parte questioni relative ai diritti umani” (leggi qui).

Perché sì, i diritti umani non contano nulla di fronte al business e agli sponsor, agli equilibri della geopolitica. Non è la prima volta che succede. Era il 1978 e anche in quell’occasione furono in tanti a scegliere di “concentrarsi sul calcio”: la dittatura del regime militare argentino era conosciuta in tutto il mondo, ma il mondo sapeva e taceva. Gli italiani applaudivano i gol di Paolo Rossi e Bettega, l’Italia riusciva anche a vincere contro quell’Argentina costruita per vincere il mondiale e regalare fama e gloria al Generale Jorge Rafael Videla: era la vetrina luccicante che il regime aveva costruito per occultare così i desaparecidos e i voli della morte degli aerei militari, che gettavano esseri umani nelle acque del Rio de la Plata. Dopo oltre quarant’anni qualcosa è cambiato ma tante cose, troppe, sono rimaste al loro posto: l’odore dei soldi, per esempio. È un odore nauseante, che seduce e ammorba tutto quello che incontra e che si presta.

Da tempo, però, crescono le voci che chiedono “Boycott Qatar 2022”. Crescono fra la gente e trovano spazi sempre più grandi anche nelle curve di molti stadi europei, in modo particolare in Germania, dove i tifosi del Borussia Dortmund sono stati fra i primi ad alzare la voce.  Un grande appello a boicottare i mondiali di calcio. Perché? Sono tanti i perché, e ognuno di loro ha pieno diritto di esistere. Fin dal giorno della scelta del Qatar come Paese organizzatore, 12 anni fa, le grandi manovre per favorire il Qatar non lasciavano dubbi sulle possibilità di corruzione di chi doveva decidere. Nel maggio 2015 prende corpo una prima indagine giudiziaria, guidata dai giudici di Parigi e di New York, che coinvolge uomini di spicco della dirigenza FIFA. Con il tempo emergono tangenti milionarie e flussi di denaro che dal Qatar si muovono verso la Francia e che porteranno a successive inchieste che coinvolgeranno anche Nasser Al-Khelaifi, presidente del Paris-Saint Germain, dopo che lo stesso club viene acquistato nel 2011 dalla Qatar Investment Authority. Accanto al nome del presidente del Paris-Saint Germain compare anche quello di Nicholas Sarkozy, ex presidente francese.

L’inchiesta giornalistica di “Report”, trasmessa nei giorni scorsi su Rai3, ha messo a nudo elementi emersi un giorno alla volta e che raccontano cosa si è mosso, e ancora si muove, intorno ad un evento che di sportivo ha solo il titolo: Mondiali di calcio. Sotto quel titolo scorrono personaggi e interpreti: lo sfruttamento dei lavoratori che hanno lavorato alla costruzione degli stadi e la cifra spaventosa, oltre 6000, di coloro che hanno perso la vita per questo. Lavoratori che, secondo un’inchiesta del “Guardian” del 2021, provenivano in gran parte da India, Pakistan, Nepal, Bangladesh e Sri Lanka.

Intervenendo alla conferenza globale del Milken Institute di Los Angeles, il presidente della FIFA, Giovanni Vincenzo Infantino, ad una precisa domanda sui lavoratori morti nella costruzione degli stadi ha affermato: “Non dimentichiamo una cosa… stiamo parlando di lavoro, anche un duro lavoro. Quando dai lavoro a qualcuno, anche in condizioni difficili, gli dai dignità e orgoglio. Solo tre persone sono morte nei cantieri degli stadi, 6.000 potrebbero essere morti nella costruzione di altre opere. La FIFA non è la polizia del mondo o responsabile di tutto ciò che accade nel mondo. Ma grazie alla FIFA, grazie al calcio siamo stati in grado di affrontare lo stato di tutti gli 1,5 milioni di lavoratori che lavorano in Qatar”. Contrariamente a quanto sostenuto da Infantino nel proseguimento del suo intervento, il Qatar non ha mai abolito il sistema della kafala, il sistema di reclutamento di manodopera immigrata che autorizza il datore di lavoro a requisire i documenti dei lavoratori stessi, in pratica un’autorità medievale sui lavoratori.

Emergono, inoltre, le infiltrazioni criminali, gli affari della grande finanza per aggiudicarsi quella sfida geopolitica con in palio il premio più ricco e ambito: quello dell’energia. Perché il Qatar è anche uno dei grandi produttori di gas liquefatto, e l’Europa guarda con interesse a tutto questo. Ospitare grandi eventi sportivi genera enormi opportunità economiche e politiche per il Paese che li ospita. Nel caso specifico del Qatar le ombre si allungano e si moltiplicano e la corruzione non è il solo o principale fattore che alimenta la richiesta di boicottaggio: le ombre che si allungano riguardano il rispetto dei diritti umani e civili, la libertà di parola e di espressione, i diritti delle donne, delle comunità LGBT e di chiunque non si definisca eterosessuale. Gli spazi per l’informazione indipendente in Qatar sono di fatto inesistenti e le leggi repressive in atto nel Paese riguardano tutti i cittadini. In particolare, ai lavoratori migranti è proibito aderire a qualsiasi organizzazione sindacale diversa dai comitati e dagli organismi gestiti dai rispettivi datori di lavoro. Se l’associazionismo sindacale non è consentito, a maggior ragione il diritto alla libertà di manifestare pubblicamente diventa un rischio enorme per chiunque intenda esercitarlo.

È il concetto stesso della parola “Diritto” che in Qatar si perde e, quando si parla di diritti negati, è impossibile non soffermarsi sulla condizione delle donne, dei migranti, dei lavoratori e delle minoranze: sono loro, ancora e sempre, l’anello più debole ed è su di loro che si stringe più forte il nodo della discriminazione e della negazione dei diritti. Non sono mancate le denunce e le informazioni su tutto quanto ruota intorno ai mondiali in Qatar. Amnesty International e Human Rights Watch hanno più volte ricordato all’opinione pubblica mondiale gli scandali e le discriminazioni (leggi qui).

Quello che emerge è probabilmente solo una piccola parte del fango che sommerge questo evento, e allora le parole di Eric Daniel Pierre Cantona (“migliaia di persone sono morte, eppure celebreremo questa Coppa del Mondo”) suscitano sicuramente fastidio e indifferenza a coloro che in questi mondiali guadagneranno denaro e visibilità, come la FIFA e gli sponsor (nomi importanti come, per citarne solo alcuni, Coca-Cola, McDonalds, Visa, Hyundai-Kia e Wanda Group). Il Qatar e suoi emiri hanno bisogno di questa vetrina, e in tanti sono disposti a lucidarla a specchio: niente di nuovo, non è la prima volta e non sarà nemmeno l’ultima che un mondiale di calcio o un’Olimpiade servono non per alzare una coppa o vincere una medaglia. ma per coprire affari e porcherie. 

Questi saranno i mondiali della vergogna, ma è già successo. La FIFA non volta le spalle di fronte a nessun regime autoritario, dal fascismo italiano del 1934 a quello argentino del 1978. Oggi tocca al Qatar e, dalla sabbia del deserto alle cassette di sicurezza di un paradiso fiscale, basta un soffio di vento per far volare un fiume di denaro. Nessun colpo di tacco e nessun gol in rovesciata potrà togliere il fango e il sangue che coprono questa coppa del mondo. Chi la alzerà, potrà farlo solo in silenzio, chinando la testa.

Maurizio Anelli -ilmegafono.org