Chat criptate, nuove tecnologie, dark web e molto altro ancora: la criminalità organizzata è costantemente al passo con i tempi e questo, nel lungo termine, può rappresentare uno dei problemi più grandi con cui la giustizia e gli organi inquirenti dovranno avere a che fare. Di ciò abbiamo già parlato recentemente ponendo l’accento su una questione fondamentale: se da un lato, la mafia corre in maniera spedita verso un mondo tutto nuovo e spesso lontano dal tradizionale, dall’altro, chi la contrasta non può far altro che rincorrere a velocità decisamente ridotte. Da un lato, infatti, c’è chi delle regole se ne infischia e può permettersi di fare affari in qualunque modo e modalità; dall’altro c’è chi invece le regole deve obbligatoriamente seguirle (e menomale, diremmo), ma proprio per questo spesso si scontra con la burocrazia e le lungaggini tipicamente italiane.

Come dicevamo, la criminalità organizzata è sempre stata attratta da nuove fonti di reddito e ricchezza e mezzi sicuri per fare affari, e le nuove tecnologie, tra cui le chat criptate, sono un ottimo strumento. Sia chiaro: questo tipo di tecnologia non è poi del tutto così nuovo, dato che vi sono casi di chat criptate usate dai boss mafiosi e narcos risalenti a qualche anno fa. Il punto è che, col passare del tempo, queste si fanno sempre più moderne e, quindi, sempre più difficili da scovare e combattere. A conferma di ciò, la scorsa settimana si è tenuto un evento dell’Osservatorio ticinese legato alla criminalità organizzata e alle nuove tecnologie, intitolato appunto “Mafia e tecnologia”.

L’evento ha visto la partecipazione dei massimi esperti del settore e, sebbene abbia avuto come tema centrale il pericolo che la criminalità organizzata rappresenti per la Svizzera, sono emersi diversi spunti interessanti che in qualche modo possono essere ricollegabili al nostro Paese. Come si legge nell’articolo pubblicato dalla testata giornalistica Tio.ch, le organizzazioni criminali sarebbero all’avanguardia nell’utilizzo delle nuove tecnologie per portare avanti meccanismi e modus operandi che invece sono tradizionali. Una sorta di binomio perfetto, quello tra il nuovo e il vecchio. Secondo quanto affermato da Annamaria Astrologo, responsabile accademica presso l’Università della Svizzera italiana, “mafia e tecnologia si muovono a braccetto”, nonostante “il tempo dei pizzino” non sia del tutto passato. In poche parole vi è una coesistenza di meccanismi mafiosi che permettono alle organizzazioni stesse di proliferare e aumentare il proprio capitale in maniera esponenziale.

Sì, perché proprio il tema legato alle chat criptate e, di riflesso, ai “criptofonini”, è diventato un vero e proprio business, tanto che molti esponenti della malavita si sarebbero riconvertiti lasciando da parte lo spaccio e il traffico di droga. I tempi cambiano, si sa, ma la fame di potenza e ricchezza non passa mai. Ma perché queste nuove tecnologie fanno così tanto paura? Più che la tecnologia in sé, il problema reale è il contenuto che queste nascondono. Se è vero che persino lo spacciatore sotto casa possiede un telefonino criptato, così fanno soprattutto i boss e, quindi, coloro che stanno “ai piani alti”. E in quei piani alti non si parla certo di piccole dosi di droga, ma di ben altro. Armi, traffico di stupefacenti, affari con altre organizzazioni criminali (anche straniere) e chi più ne ha più ne metta.

Già lo scorso anno, proprio in questo periodo, erano uscite diverse notizie in merito al business della ’ndrangheta lombarda, legato nello specifico alla compravendita di armi e del traffico di droga. Il tutto scoperto proprio attraverso delle chat criptate che avrebbero utilizzato i boss dei clan più attivi. Insomma, appare evidente come sia più che necessario un dispiegamento di forze e di “expertise” mai visto fino ad ora. A dispetto degli anni precedenti, infatti, il tutto rischia di spostarsi nell’etere anziché nelle strade e nei vicoli delle città e questo, benché possa sembrare un vantaggio, in realtà può diventare un vero e proprio problema. Le maglie della rete sono, infatti, potenzialmente infinite e, se ci aggiungiamo tecnologie in grado di criptare le informazioni, il tutto non può che peggiorare. Cosa bisogna fare, quindi, per evitare che la situazione scappi di mano? Secondo Fabian Kühner, capo divisione Operazioni e sostituto capo della Polizia Giudiziaria federale (PGF), intervenuto durante il dibattito tenutosi la scorsa settimana, “la necessità di cooperare è cresciuta in modo esponenziale”.

In merito a ciò, ha aggiunto, “la cooperazione internazionale non passa solamente dallo scambio di dati ma anche dalla collaborazione in senso fisico” , soprattutto perché ogni Paese ha delle leggi, delle infrastrutture e un’esperienza diversa l’uno dall’altro. Un tema (anche questo) che abbiamo già affrontato e che si spera porti a una collaborazione più attiva e costruttiva tra i vari Paesi coinvolti. Bisogna quindi compiere passi importanti prima che la criminalità organizzata ottenga un vantaggio ancor più grande e irrecuperabile. Bisogna che, soprattutto che chi di dovere assuma tutte le azioni necessarie affinché si possa colmare questo gap. Ne va della sicurezza del nostro Paese. Oggi più che mai la nostra esistenza si basa su un dispositivo collegato alla rete: la criminalità organizzata lo sa e, per questo, non resterà a guardare.

Giovanni Dato -ilmegafono.org