Lo stoccaggio dei rifiuti radioattivi è da sempre un argomento spinoso, ma se n’è tornato a parlare dopo la pubblicazione della mappa dei 67 siti potenzialmente idonei a ospitare il Deposito Nazionale delle scorie nucleari. I siti in questione sono stati individuati in base a parametri ben precisi, quali la distanza dai luoghi abitati, la densità abitativa, l’idoneità geologica. Si tratta per lo più di rifiuti di media e bassa radioattività, prevalentemente dal settore medico e ospedaliero, che verranno sotterrati e non dovrebbero produrre rischi per la radioattività di fondo dei terreni circostanti.

Tuttavia i timori degli agricoltori sono evidenti: si discute infatti sulle conseguenze che le scorie radioattive sotterrate possano apportare alle colture circostanti. L’Enea fa sapere che non vi sono rischi di alcun tipo, tutto però sta nella gestione del sito di stoccaggio e nella sua manutenzione. La Confederazione Italiana Agricoltori fa emergere le sue preoccupazioni. In una nota della Cia Piemonte si legge: «Prendiamo atto che si è agito come se l’agricoltura non esistesse. Nessuna considerazione per coltivazioni di pregio, nessuna attenzione al consumo del suolo, tema centrale della tutela ambientale».

Gli animi, insomma, non sono del tutto tranquilli. La Cia Toscana definisce il tutto addirittura “inaccettabile e improponibile”. Anche al Sud gli agricoltori si fanno sentire: la Cia Puglia si oppone allo stoccaggio dei rifiuti «in territori già gravati da problemi importanti, aree che esprimono potenzialità di rilievo dal punto di vista agricolo, agroalimentare, zootecnico e turistico».

A questa scelta si oppone anche Greenpeace, soprattutto per il rischio di “nuclearizzare” un sito indicato, obbligandolo alla presenza di scorie pericolose. In più lo stoccaggio “combinato”, ospitare cioè dei rifiuti a bassa radioattività per lunghi periodi e solo temporaneamente quelli a media radioattività, è un caso veramente singolare e bizzarro.

Redazione -ilmegafono.org