Se c’è qualcosa che l’inizio della nuova legislatura ci ha insegnato, in queste prime settimane, è che il vecchio sistema di maggioranza-opposizione è ormai superato. Non che sia una novità, considerando gli ultimi, sgangherati anni della politica nostrana. Le forze in corsa nella tornata del 25 settembre sono servite forse a riportare un certo ordine nella ripartizione delle preferenze degli italiani, ma anche nella differenza di pensiero tra i vari leader, così come la frammentazione dei partiti ormai ben avviata ci ha insegnato. A una maggioranza costituita dalla coalizione di centrodestra (Fratelli d’Italia, Lega, Forza Italia, Noi Moderati), si oppongono tre forze molto diverse tra loro, almeno nelle modalità di dialogo, se non altro anche per la scelta di separarsi e non fare fronte comune: la coalizione di centrosinistra (PD, Sinistra e Verdi, + Europa), il Terzo Polo (Azione e Italia Viva) e poi ci sono loro, l’araba fenice della politica, il Movimento 5 Stelle, che dopo una fase embrionale, passata poi per la turbolenta adolescenza delle precedenti legislature, sembra avviarsi definitivamente verso l’età adulta.

Lo sta facendo con il volto autorevole di cui necessitava: Giuseppe Conte. Un outsider che più insider non si può, l’uomo che probabilmente passerà alla storia, o che comunque i nostri figli e nipoti leggeranno nei capitoli di storia recente, l’avvocato e professore che, messi da parte i panni accademici, si pone oggi alla guida di quello che aspira a diventare il principale partito d’opposizione del Paese. Chi lo avrebbe mai detto? Abbiamo imparato a conoscere Giuseppe Conte nel corso degli ultimi due anni, la pandemia di Covid-19 che ha travolto anche l’Italia lo ha consegnato alla storia come il premier che ha gestito lo Stato in uno dei momenti più duri e complessi dalla Seconda Guerra Mondiale in poi. Un ruolo, quello di primo ministro, che ha ricoperto non senza alti e bassi dal 2018 al 2021, per ben due esecutivi di diversa estrazione: dal governo gialloverde, nato dall’alleanza tra M5S e Lega, al governo giallorosso del Conte bis, il governo della pandemia, dei dpcm e delle dirette, del lockdown e delle restrizioni.

Conte, in una delle sue più celebri dirette, ha affermato che il suo governo “non agiva con il favore delle tenebre” e si è posto come modello di comunicazione, diventando volto noto in tutta Europa, da “Signor nessuno” a tutto quello che conosciamo fino ad oggi, icona pop tra populismo e profilo autorevole, insomma, una figura abbastanza sui generis nella politica italiana. Oggi è al suo primo mandato da parlamentare, passando dall’altra parte della barricata, dalla quale spesso e volentieri fa sentire la sua voce. Nel vuoto lasciato dal PD e da una Sinistra ormai boccheggiante, Conte è riuscito a scalzare Enrico Letta dal ruolo di leader dell’opposizione, con una particolare caratteristica: il Movimento non si pone né a destra, né a sinistra, ma neanche al centro. Appare chiaro, quindi, che la struttura dell’ala progressista italiana sta radicalmente cambiando, anche nel modo di comunicare.

Sembrava che il Movimento fosse quasi morto, o comunque alle sue battute finali, viste le numerose scissioni interne, prima fra tutte quella di Luigi Di Maio, reduce da un’impresa politica piuttosto fallimentare. Eppure, sarà per l’effetto Conte, sarà per l’uscita di membri storici ma ormai fuori tempo, è riuscito a risorgere dalle (quasi) ceneri con il 15,43%, a soli 4 punti dal PD e di gran lunga avanti a Lega e Forza Italia. Un recupero record vista la tribolata estate del partito, un programma politico che, almeno sulla carta, andava a rispondere alle esigenze tipiche del pensiero progressista: lavoro, diritti civili, ambiente. Una sorta di maturità del M5S che, dalla politica urlata, dalle querelle social, è approdata alla competenza dell’avvocato, professore, ex premier e oggi leader Giuseppe Conte. Lui stesso ha collezionato in passato quelli che oggi appaiono come scivoloni, la foto con Bolsonaro, un atteggiamento non sempre netto sull’avanzamento dei populisti in Europa, posizioni ambigue sulle politiche da adottare per i flussi migratori.

Eppure, oggi sembra l’unico in grado di contrastare lo strapotere della destra, come dimostra il primo discorso alla Camera nel giorno della fiducia al governo Meloni. Che sia proprio Conte il volto giusto per compiere la missione definitiva del M5S, ossia attirare gli elettori delusi dalla Sinistra, scegliendo una volta per tutte di colmare quel vuoto dandosi una identità precisa? Che sia Conte il possibile rifondatore di una coalizione credibile da presentare alle prossime elezioni? Le risposte sono incerte, come incerte sono le sorti della Sinistra. Di fatto però è necessario compiere dei passi, avere il coraggio di cambiare, toni e modalità di comunicazione compresi. È necessario presentarsi contando sulle proprie forze, non sulle debolezze dell’avversario. E qualche volta, forse, è necessario anche fare nomi e cognomi. Il coraggio all’avvocato non manca, nell’attesa che anche altri si sveglino dal letargo.

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