In questi ultimi mesi, in più parti d’Italia è stato registrato un aumento evidente dei casi di estorsione nei confronti di commercianti e imprenditori. Stando alle notizie raccolte e alle indagini svolte dagli inquirenti, sembra proprio che la criminalità organizzata abbia nuovamente intensificato quella che è una delle sue attività più antiche, che però, viste le denunce, sembrava aver perso un po’ di centralità. Sia chiaro: il racket non è mai scomparso dalle pratiche mafiose, soprattutto durante una pandemia che dura da un anno e mezzo e che ha impoverito tutti, specie chi ha un’impresa e vive di quello.

Quel che preoccupa, però, è la crescita spaventosa di casi di intimidazione a fini estortivi, un “costume” mafioso che negli ultimi anni era passato in sordina (forse a vantaggio di business più remunerativi e meno rischiosi), ma che adesso sembra tornato alla ribalta. Da Siracusa a Trapani, passando per Alcamo e Napoli: tanti, troppi casi per pensare che si tratti di coincidenze o di problemi esclusivamente locali. L’ultimo caso si è verificato proprio nel capoluogo aretuseo dove, tra la notte del 14 e 15 giugno, è stata fatta esplodere una bomba nei pressi di una tabaccheria. Un chiaro segnale, questo, che secondo gli investigatori porta alla pista del racket.

La tabaccheria in questione, infatti, si trova nel territorio controllato dal clan della Borgata, molto noto alla magistratura. I due titolari, inoltre, sono dirigenti storici dell’Associazione Antiracket di Siracusa, persone che non si sono mai piegate al racket. Un racket che adesso torna ad alzare il tiro dentro la città di Archimede. Siracusa, però, non è l’unica città siciliana in lotta contro il fenomeno delle estorsioni: a farle compagnia ci sono anche Alcamo e Canicattì. Ad Alcamo, proprio quest’oggi, è in programma una passeggiata contro il racket e l’usura, organizzata dallo Sportello di Solidarietà dell’Associazione Antiracket e Antiusura di Trapani. Un’iniziativa importante, questa, che ha come scopo quello di sensibilizzare una comunità e un territorio storicamente difficile e da troppo tempo inquinato dal potere mafioso.

Lo Sportello, ha affermato il consulente legale Valerio D’Antoni, “ha come suo obiettivo proprio la capacità di fare rete tra enti e istituzioni, perché solo così la lotta al sistema criminale che opprime la libertà di chi vuole fare impresa in Sicilia è realmente efficace”. L’associazione, inoltre, segue in maniera gratuita tutti coloro i quali abbiano necessità di denunciare casi di estorsione e usura, offrendo assistenza sia psicologica che di tipo legale. A Canicattì, invece, lo scorso 29 maggio è stato inaugurato il presidio di legalità “No racket, no usura”. L’iniziativa, realizzata dall’associazione “Sos racket” e dall’amministrazione comunale, ha distribuito per l’occasione un manifesto e diversi adesivi di partecipazione al presidio a tutti quei commercianti che hanno deciso di dire basta al racket e di dare un segnale di ribellione e legalità forte e, soprattutto, pubblico.

A Napoli, invece, sono state effettuate operazioni importanti: i protagonisti sono gli esponenti del clan Amato-Pagano, clan molto noti nella zona di Melito e Mugnano (NA) per la loro forte pressione estorsiva ed intimidatoria. Solo qualche giorno fa, un’inchiesta durata 2 anni ha portato a ben 30 arresti. Tra le accuse rivolte ai clan ci sarebbe quella di aver costretto i commercianti locali a vendere “mozzarella di scarsa qualità”, oltre a richiedere il permesso ai boss per poter aprire o chiudere un’attività.

Forse è ancora presto per dire che il racket mafioso sia tornato ad alzare il livello delle intimidazioni, ma quel che è certo è che le mafie non ne hanno mai sottovalutato il potenziale, soprattutto in un periodo difficile come questo. Anzi, è proprio nei periodi di crisi che il controllo territoriale, psicologico e ovviamente economico rischia di avere un effetto devastante per l’economia legale e per lo sviluppo di certe aree del Paese.

Giovanni Dato -ilmegafono.org