Le ultime settimane hanno visto il nostro stile di vita avere un cambiamento drastico e se il picco dei contagi sembra ormai alle spalle è ancora difficile capire quando si potrà tornare alla normalità, riaprendo le varie regioni italiane. Intanto, il Paese si prepara ad affrontare una delle crisi economiche più dure della sua storia. Il necessario lockdown imposto a migliaia di imprese per evitare il collasso sanitario e limitare il contagio ha creato un buco che difficilmente verrà colmato in breve e che costerà caro a tutti i cittadini italiani. Gli amministratori di molte regioni sono stati al centro del dibattito mediatico e politico, che è scaduto in eccessi tra trionfalismi e pubbliche gogne.

Tra le tante dichiarazioni forti che hanno fatto scalpore nelle ultime settimane, sicuramente non hanno lasciato indifferenti quelle, molto gravi, del presidente della Regione Liguria, Giovanni Toti, il quale ha proposto la sua ricetta per la ripartenza: cercare di eliminare alcuni strumenti burocratici che, a suo giudizio, potrebbero rallentare la ripresa. “Via codice degli appalti, via gare europee, via controlli paesaggistici, via certificati Antimafia, via tutto. Almeno per due anni”, ha dichiarato Toti in una recente intervista rilasciata ad Avvenire. Non si è fatta attendere la reazione dell’opinione pubblica nazionale e non solo.

In primis quella di Libera, associazione da sempre in prima linea nella lotta a tutte le mafie, che ha diramato un comunicato nel quale non si nascondono preoccupazione e sconcerto: ”Proprio nei momenti di profondo cambiamento e di incertezza, le organizzazioni mafiose sono in grado di inserirsi nell’economia legale e conquistare importanti fette di mercato”. Il pericolo è quello di legalizzare una situazione non proprio inedita nel nostro Paese, con appalti assegnati in maniera arbitraria e uno spazio enorme per la corruzione.

Gli strumenti citati da Toti sono fondamentali per esercitare un controllo preventivo su chi partecipa ad una gara d’appalto. Non è chiaro come sospendere i certificati Antimafia ad esempio, possa in qualche modo giovare alle imprese italiane regolari che già si trovano ad affrontare la concorrenza sleale di chi non rispetta le leggi e si ritrova ad avere corsie preferenziali. Per non parlare dei controlli paesaggistici, che sono necessari per scongiurare altri scempi a un territorio che già si trova in piena emergenza idrogeologica.

Insomma, è evidente che in Italia ci sia bisogno di uno snellimento della burocrazia, ma abbiamo centinaia di esempi che certificano che i controlli presenti nel nostro ordinamento sono appena sufficienti (e neanche sempre) per contrastare la corruzione e le mafie. Dovrebbe essere ormai chiaro a tutti che è questo il vero problema dell’Italia. Ed ha una soluzione ben più complessa: non basta tagliare qui e là quattro regole. Secondo le stime dell’Espresso, relative a dicembre 2018, la corruzione ci costa 230 miliardi l’anno. Non sembra una grande idea, allora, alimentare questa cifra mostruosa, men che meno in un momento così delicato. La soluzione proposta da Toti sembra utile quanto nascondere la polvere sotto il tappeto, quando l’unico vero modo per provare a salvare questo Paese è spostare il tappeto e guardarci sotto. Pulendo per bene.

Vincenzo Verde -ilmegafono.org