“Ci sarà una guerra civile nel Kurdistan iracheno!”, urla qualcuno a mezzo stampa. No, non ci sarà al momento alcuna guerra civile. E a dichiararlo è lo stesso presidente in carica della regione del Kurdistan iracheno, Nechirvan Barzani, il quale esplicitamente esprime preoccupazione per la rinascita di Daesh nel territorio curdo iracheno. Ma facciamo un passo indietro. Sono fragili gli equilibri tra le opposizioni nel Kurdistan dell’Iraq. La storia insegna e segna anche profondamente. Il partito in carica al governo attuale è il PDK (Partito Democratico del Kurdistan). Dall’altro lato della scacchiera troviamo il PUK (Unione Patriottica del Kurdistan).

Era il 4 marzo 2019 quando le due parti firmarono l’accordo unilaterale per la formazione del nuovo governo regionale (KRG) con la premessa di “assicurare l’unità del territorio del Kurdistan e garantirne la sicurezza di modo che le parti politiche possano lavorare insieme per il bene della collettività”. Unità rispettata fino a che, poco meno di un mese fa, allo scoccare del lockdown e del coprifuoco per arginare l’emergenza Covid-19, il PDK invia nella zona di Zini Warte i peshmerga ad esso affiliati al fine di controllare il traffico di persone che da lì (zona limitrofa al confine iraniano) si sarebbero dirette verso il centro della regione.

La reazione da parte delle forze armate del PUK presenti su quel territorio è stata immediata, provocando così uno scontro tra le fazioni dei due partiti rivali. Rudaw riporta come nel conflitto siano intervenuti anche guerriglieri del PKK (Partito dei Lavoratori del Kurdistan, la cui presenza è considerevole nel Rojava, essendo uno dei principali partiti a portare avanti la rivoluzione del Confederalismo Democratico). Un accordo, infine, è giunto tra le fazioni che hanno scelto la ritirata unanime. Restano tuttora forze militari del PDK lungo Zini Warte: “Quando non saranno più necessarie ne garantisco la ritirata”, ha dichiarato il presidente Nechirvan Barzani, ribadendo che è stato necessario il loro intervento solo al fine di “controllare il traffico in vista dell’emergenza Coronavirus”.

In una conferenza stampa tenutasi per trattare il suddetto tema e ribadire ulteriormente la grave minaccia dell’ISIS che incombe tuttora nel Kurdistan iracheno, Barzani ha tranquillizzato gli animi di chi temeva una guerra civile: “Voglio assicurarvi che non è un grosso problema irrisolvibile e ci stiamo avvicinando alla sua risoluzione. Tutte le forze politiche nella regione del Kurdistan devono essere unite, specialmente in questo momento in cui vi è il problema del coronavirus e una crisi economica nella regione del Kurdistan e in Iraq”. “Oggi – ha aggiunto – Daesh è una grave minaccia per la regione del Kurdistan e per l’intero Iraq. L’ISIS sta aumentando le sue attività da Diyala a Makhmour e Mosul. Dobbiamo trovare un meccanismo che veda un lavoro congiunto per prevenirne la rinascita”.

Territori, quelli citati, già martoriati dallo Stato Islamico. Makhmour continua ad essere sotto una opprimente morsa di attacchi dalla Turchia e dagli stessi jihadisti, l’ultimo nei pressi del campo profughi pochi giorni fa dove hanno perso la vita quattro civili. Servirà unire le forze affinché anche il Kurdistan iracheno possa liberarsi dell’opprimente violenza di Daesh.

Rossella Assanti -ilmegafono.org