Le donne italiane fanno fatica a conciliare lavoro e figli. È un mantra che sentiamo ripetere ormai da molto tempo e che purtroppo rimane ancora vero. Le mamme italiane sono infatti tra le più penalizzate sul lavoro in Europa, ma non è solo una questione di garanzie normative insufficienti e di scarsità di strutture di supporto alla maternità. Ci sono ancora forti pregiudizi con cui le donne devono combattere, come quello secondo il quale chi lavora non è in grado di garantire il giusto tempo ai propri figli e viceversa. C’è ancora la convinzione diffusa che, se vuoi lavorare, non puoi permetterti un figlio. Niente di più falso se prendiamo ad esempio altri paesi europei.

A dirlo è l’organizzazione non governativa Save The Children in un lungo rapporto dal titolo “Le equilibriste: la maternità tra ostacoli e visioni di futuro”, in cui si analizza la situazione dell’Italia, anche rispetto agli altri stati dell’Ue. Il quadro che emerge dall’analisi di Save The Children, pubblicata lo scorso 11 maggio, non fa che confermare la percezione che numerose mamme lavoratrici italiane hanno della loro condizione, ancora molto difficile nel nostro Paese. Il ritratto delle madri italiane è quello di donne che portano avanti una gravidanza sempre più avanti negli anni – 31,7 l’età media del parto – e che spesso sono costrette a rinunciare al lavoro e al tempo libero a causa degli impegni familiari e di un welfare insufficiente.

La denatalità è un fenomeno importante: il tasso di fecondità italiano è di 1,35 figli per donna contro la media europea di 1,58, tendenza confermata anche nel 2015, che ha registrato il minimo storico di nascite in Italia. Le disparità salariali, i part-time, orari di lavoro massacranti e i contratti precari sono spesso le situazioni a cui le donne devono adattarsi per non perdere il proprio posto. La conseguenza più diretta è un abbassamento del livello di qualità della vita che spesso pregiudica la scelta di mettere su famiglia. Ma il problema non è solo il basso tasso di natalità. L’idea, infatti, che per la donna diventata mamma permessi, congedi o riduzioni dell’orario di lavoro siano “concessioni” a una persona che ha scelto di lavorare invece che stare a casa coi figli, alimenta un circolo vizioso di sensi di colpa.

Da una parte, infatti, la mamma lavoratrice pensa di non passare abbastanza tempo con i figli, dall’altra rischia di non realizzarsi professionalmente come vorrebbe per gli ostacoli posti da un eccessivo carico di lavoro familiare. Per questo motivo, Save The Children, nel suo rapporto, considera il lavoro delle mamme nella sua duplice realtà: quella retribuita e quella familiare e gratuita. Non è un caso che le statistiche sulla soddisfazione delle donne e degli uomini per i vari aspetti della loro vita vedano le donne particolarmente insoddisfatte del loro tempo libero: dichiara infatti di essere poco o per nulla soddisfatto su questo versante il 37,1% delle donne contro il 34,9% degli uomini.

Alla luce di questi dati che, sotto diversi aspetti, differiscono molto da paesi europei come la Svezia, i Paesi Bassi, la Francia e la Spagna, si rendono sempre più necessarie e urgenti misure programmatiche, a medio e lungo termine, che possano portare ad un miglioramento della crescita sociale ed economica delle mamme. Secondo Save The Children, bisogna puntare su un piano pluriennale che fissi obiettivi precisi. Di questi il più importante è sicuramente “cambiare la visione sociale sul ruolo materno per ribaltare la prospettiva secondo cui la maternità è un ostacolo nel mondo del lavoro”. Il piano nazionale deve inoltre tenere conto delle profonde disparità che, anche in questo caso, dividono Nord e Sud Italia.

Rispetto agli indicatori considerati da Save The Children, che sono cura, lavoro e servizi per l’infanzia, le regioni settentrionali, con in testa il Trentino Alto Adige, sono le più virtuose. La Sicilia è all’ultimo posto, preceduta da Calabria (19°), Puglia (18°), Campania (17°) e Basilicata (16°). “La condizione delle madri in Italia è ancora critica. Il divario tra Nord e Sud è drammatico e inaccettabile. Ed in ogni caso, anche nelle regioni del Nord, siamo ancora lontani da un modello virtuoso che renda la maternità una risorsa piuttosto che un impedimento. Serve un impegno collettivo delle istituzioni e di tutti i soggetti coinvolti per permettere alle mamme di vivere la gioia della maternità senza rinunciare alla propria vita professionale e sociale”, afferma Raffaella Milano, direttrice dei Programmi Italia-Europa di Save the Children.

Congedi parentali ai padri, lavoro flessibile, accessi più facili al nido e ad altri servizi di assistenza all’infanzia sono supporti essenziali per le famiglie. Basterebbe partire da qui per far vivere alla donna la gioia della maternità senza rinunciare alla realizzazione professionale. 

G.L. – ilmegafono.org