“Uno scatto destinato a provocare”. Sono queste le parole di Stefania Giovannetti, preside dell’Istituto “Fermi” di Modena, in riferimento ad una fotografia che ritrae due giovani ragazzi che si baciano per strada, foto che ha partecipato ad una mostra antimafia nell’ambito del progetto scolastico “Palermo libera tutti”. La preside si sarebbe opposta alla premiazione della fotografia adducendo motivazioni poco credibili e prive di senso, mentre l’autrice dello scatto, Chiara Vaccari afferma: “Ho scelto questa foto perché ho imparato che si possono cambiare le cose anche con gesti piccoli ma dal grande significato simbolico. Questa foto esprime in pieno la mia idea di libertà, maturata anche dopo una gita a Palermo, dove ho toccato con mano come uno dei principali nemici della criminalità sia proprio la libertà di pensiero. La mia foto intende far riflettere le persone sul valore di essere liberi e su come questo valore sia un bene prezioso da salvaguardare, per tutte e tutti noi, senza distinzione alcuna”.

Per la preside, invece, solo provocazione. Ma nella lingua italiana cosa significa il termine provocazione? Ci viene in aiuto il classico vocabolario che indica con provocazione “quell’atto diretto a provocare una reazione irritata o violenta: non tollero provocazioni; (meno com.), con allusione a reazioni puramente fisiche o tali da risolversi in un comportamento illecito o peccaminoso”. La prof.ssa Giovannetti e tutti coloro che l’hanno difesa, come il segretario provinciale della Lega di Modena, Guglielmo Golinelli, dovrebbero spiegare cosa ci sarebbe di illecito e peccaminoso in un bacio tra due ragazzi e quali reazioni violente o irritate potrebbe causare in chi guarda quella immagine. Sappiamo benissimo quanto le mafie siano omofobe e maschiliste, oltre che criminali e pericolose per la tenuta democratica, economica, sociale e culturale di un Paese.

Sappiamo benissimo come viene vista e vissuta l’omosessualità negli ambienti mafiosi; dalle interviste emerge chiaramente e in modo netto che viene vista come qualcosa “contro natura”, come una malattia, una disgrazia che, come tutte le disgrazie, può colpire qualsiasi famiglia e che bisogna scongiurare ed esorcizzare con preghiere ed esorcismi. Questa visione evoca, ascoltando e leggendo le dichiarazioni di alcuni mafiosi, la paura del contagio, che porta il criminale di mafia ad evitare qualsiasi possibile contatto. L’omosessuale, come il folle, come ogni diverso, non si tocca, non si sfotte, si tiene semplicemente a una distanza di sicurezza relazionale. Per queste ragioni bisogna stare zitti, nascondere, far finta di nulla, far finta che non esista, che l’omosessualità sia una malattia che riguarda gli altri, gli altri fuori da noi. Silenzio. Nascondimento. Sono due parole che le mafie amano particolarmente.

Una fotografia invece, come quella di Chiara Vaccari, parla e mostra. Parla a tutti ma anche e soprattutto ai mafiosi e comunica loro che sì, ci sono persone che provano desiderio e amore verso persone dello stesso sesso, che non si vergognano a scambiarsi un bacio per strada. Mostra a tutti, ma anche e soprattutto ai mafiosi, che “il bacio è un dolce scherzo che la natura ha inventato per fermare i discorsi quando le parole diventano inutili”, come affermava l’attrice Ingrid Bergman. E pensare che lo scatto è stato valutato dalla preposta commissione giudicante come miglior scatto simbolico nella lotta alla cultura omertosa che favorisce l’espressione mafiosa. Ma la preside Giovannetti si è opposta, parlando di provocazione e di premiazione per “motivi politici”.

Ci si chiede: quali sarebbero questi motivi politici? Se c’è una parte politica della nostra traballante democrazia che pensa che combattere la cultura omertosa che favorisce l’espressione mafiosa ed esalta l’omofobia e il maschilismo imperante, sia un danno per il Paese, è corretto saperlo. Come sarebbe corretto sapere se chi denuncia frasi, atteggiamenti, simboli, azioni riconducibili al fascismo, sia considerato un cittadino che rende fede alla Costituzione della Repubblica italiana, o un misero provocatore pazzo che urla alla luna. L’assemblea unitaria di docenti e studenti si è ovviamente ribellata, insieme ad Arcigay di Modena, che ha sottolineato il profondo valore antimafioso della lotta all’omofobia e ai pregiudizi di retaggio “tradizionale”. Solidarietà all’iniziativa degli insegnanti è arrivata anche dalla CGIL. L’associazione “Mafie Sotto Casa” ha parlato di “azione come ostacolo all’espressione libera e inclusiva di quella comunità educante che è la scuola”. Per altre associazioni si è trattato di “repressione”.

Ci vuole coraggio, anche in questa nostra epoca contemporanea, a posare davanti a un obiettivo abbracciandosi o baciandosi quando hai una buona fetta di mondo contro; significa regalare al mondo una scheggia della propria anima indomita. Posare significa svelare nostro malgrado chi siamo o vorremmo essere, in entrambi i casi una palestra di sincerità. Il bacio è la forza di chi non teme la derisione o la critica poiché ha in pugno la sicurezza del proprio essere Umano e Vero. Gli abbracci e i baci sono l’umano parlare dei sentimenti e il non negare il presente. In quella “palestra di sincerità” di cui parlo, forse, dovrebbe fare ingresso la preside dell’Istituto Fermi e tutti quelli che la pensano come lei. Per allenarsi. Allenarsi ogni giorno.

Vincenzo Lalomia -ilmegafono.org