A partire dal 2030, in Europa, tutti gli edifici residenziali di nuova costruzione dovranno essere a emissioni zero e dotati di pannelli solari, mentre quelli già costruiti dovranno ridurre il consumo energetico di almeno il 16%, una percentuale che arriverà al 20% entro il 2035. Lo stabilisce la direttiva Europea “Energy performance of buildings directive, Epbd”, ratificata dal Consiglio Ecofin il 12 aprile scorso. Gli Stati membri avranno tempo 24 mesi per recepirla. La direttiva sulle case green sarà tuttavia soggetta a revisione entro il 2028. L’obiettivo è quello di ridurre gradualmente i consumi fino a raggiungere la piena decarbonizzazione degli edifici entro il 2050, così da contrastare in modo efficace la crisi climatica in atto. L’Italia e l’Ungheria, tuttavia, hanno scelto di votare contro la direttiva, mentre Svezia, Repubblica Ceca, Croazia, Polonia e Slovacchia si sono astenute.

Ancora una volta, su un tema chiave per il futuro dell’Europa e del Pianeta, il governo guidato da Giorgia Meloni ha optato per l’isolamento, insieme all’Ungheria di Viktor Orbàn. Secondo il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, l’incertezza delle risorse economiche necessarie a sostenere gli ingenti costi di riqualificazione, quantificati da alcuni partiti in circa 600 miliardi di euro entro il 2030 per l’Italia, è alla base del voto contrario del governo. In realtà, però, il testo della direttiva approvata ricorda gli strumenti UE utilizzabili: tra questi, oltre al Pnrr, RePowerEu e i fondi di coesione, c’è anche il Fondo sociale per il clima, che mette a disposizione 65 miliardi di euro da spendere tra il 2026 e il 2032 per i piani nazionali di ristrutturazione degli edifici.

I governi europei, per altro, potranno decidere in modo autonomo come attuare la direttiva e quindi come reperire i fondi. Anche per questo il “no” dell’esecutivo guidato da Giorgia Meloni appare poco sensato, tanto più che l’Italia è uno degli Stati dell’Ue con il patrimonio immobiliare più vecchio e inefficiente: secondo l’ultimo rapporto Enea, oltre la metà delle abitazioni residenziali è in classe energetica G o F, i due livelli più bassi di prestazione energetica. Il 74% delle abitazioni, circa 11 milioni di unità, sono in classe energetica inferiore alla D: il 34% in classe G, il 23,8% in classe F e il 15,9% in classe E.

I primi ad essere interessati dalla direttiva quindi sono circa il 60% degli immobili residenziali italiani, che dovranno necessariamente procedere con i lavori di adeguamento agli standard di prestazione energetica entro il 2030. Si tratta sicuramente di un obiettivo molto ambizioso e impegnativo, ma il nostro Paese non può permettersi di rimanere indietro rispetto al resto dell’Europa e al futuro del Pianeta.

Redazione -ilmegafono.org