Associazione mafiosa, concorso esterno in associazione mafiosa, riciclaggio e trasferimento fraudolento di valori. Questi sono alcuni dei capi d’accusa con cui sono scattate le manette per 8 persone tra imprenditori e affiliati di cosa nostra che avevano messo su un giro d’affari di oltre 100 milioni di euro, basato sulla gestione di 3 concessioni di monopoli legati al gioco d’azzardo. La prima autorizzazione era stata concessa nel 2007 e, per quanto riguarda gli imprenditori coinvolti, parrebbe trattarsi di profili assolutamente insospettabili ai quali è stato possibile risalire grazie a delle microspie piazzate nella falegnameria che era il luogo d’incontro dei gestori di questa impresa criminale. “Abbiamo seguito i soldi, secondo il metodo che ha insegnato Giovanni Falcone e siamo arrivati a una rete d’affari”, ha spiegato Gianluca Angelini, comandate del nucleo economico finanziario della polizia di Palermo, che ha collaborato alle indagini condotte dal sostituto procuratore Dario Scaletta e dal procuratore aggiunto Salvatore De Luca.

Senza dubbio oggi quella del gioco d’azzardo è una delle principali fonti di liquidità per le associazioni a delinquere. Un altro duro colpo inferto a questo enorme ed illecito business è arrivato sempre nei giorni scorsi nel trapanese, precisamente a Castelvetrano, patria del boss Matteo Messina Denaro, dove la Dia ha disposto il sequestro di una serie di beni appartenenti a personaggi che, nel 2018, erano stati coinvolti nell’indagine “Anno zero” e che oggi sono sotto processo anche grazie alle testimonianze di alcuni collaboratori di giustizia. Il valore dei beni, tra cui figurano autovetture, un appezzamento di terreno, un prefabbricato e alcuni conti correnti, si attesta intorno ai 300mila euro.

Insomma ci risiamo: la mafia continua a mettere le mani sulle scommesse. Si conferma quello che ormai è il trend degli ultimi 20 anni che vede le associazioni criminali come vere e proprie aziende che basano il proprio potere sull’enorme liquidità e non più su violenza e stragismo. Per la verità questo rappresenta un ritorno alle origini, considerando che negli anni ‘70, con la partecipazione di buona parte dei clan di cosa nostra, l’associazione mise le mani su uno dei casinò di Las Vegas. Questo rende la macchina mafiosa difficile da bloccare nonostante i tanti arresti che sono stati effettuati negli ultimi anni. I criminali del 2020 non sono più strettamente legati a figure di spicco intorno alle quali gira il loro malaffare e questo li rende maggiormente in grado di riorganizzarsi.

Giovanni Falcone ci aveva visto lungo anche in questo: “Segui i soldi e troverai cosa nostra”, diceva il giudice assassinato 28 anni fa. Un cambio di prospettiva che lui aveva già fiutato e che oggi rende la lotta alle mafie più complessa, anche a causa della globalizzazione che ha aumentato vertiginosamente il giro d’affari della criminalità organizzata oltre che la propria espansione geografica. Contrastare questo sistema rappresenta l’unico modo per condurre la lotta alla mafia del nuovo millennio.

Vincenzo Verde -ilmegafono.org