Il 9 maggio è ricorso il quarantesimo anniversario della morte di Giuseppe Impastato, giornalista e attivista di sinistra che sfidò la mafia a Cinisi, in provincia di Palermo. La storia di Peppino, come veniva chiamato dai suoi cari, è stata per anni dimenticata dall’opinione pubblica, finché nel 2000 il film “I cento passi”,  diretto da Marco Tullio Giordana, ha ripercorso la sua vita, svelando agli italiani la grandezza di quest’uomo che decise di andare contro parte della sua stessa famiglia pur di non tradire i suoi ideali e la sua terra. La storia di Impastato è una fonte di ispirazione per le nuove generazioni siciliane e non solo, ma torna anche molto utile per studiare il fenomeno mafioso per come si sviluppava all’epoca e per fare una riflessione su cosa è cambiato oggi.

Peppino nacque nel 1948 a Cinisi. Il padre Luigi era amico di Tano Badalamenti, capomafia di Cinisi, ed era parte della cosca. Crescendo, Peppino si rese conto che tutti quelli che gli venivano presentati come familiari o amici erano di fatto dei criminali che stavano distruggendo la sua terra. Così a 17 anni fondò il giornalino “L’idea socialista”. Contestualmente si iscrisse al PSIUP e avviò il suo impegno politico che sarebbe poi sfociato con la candidatura alle elezioni provinciali con Democrazia Proletaria e con la sua elezione post-mortem.

Nel 1977 fondò Radio Aut, la sua storica radio autofinanziata e libera dove irrideva il potere mafioso. Celebre era la sua caricatura di Badalamenti che veniva apostrofato come “Tano Seduto”. L’anno dopo decise di candidarsi per cercare di dare un seguito al suo impegno politico, ma pochi giorni prima delle elezioni fu ucciso barbaramente e poi imbottito di tritolo e fatto saltare in aria. Nello stesso giorno fu ritrovato il corpo di Aldo Moro, assassinato dalle BR. Le autorità inquirenti ipotizzarono che Impastato si fosse suicidato e che lo avesse fatto nel tentativo di compiere un attentato eversivo nei confronti di un treno.

Dopo anni di depistaggi e menzogne, la lotta coraggiosa dei familiari e degli amici di Peppino per la verità e la giustizia si conclude nel 2002, quando il mandante dell’omicidio, Tano Badalamenti, viene condannato all’ergastolo.
Una battaglia, quella contro gli assassini di Peppino, condotta per anni nel silenzio dell’opinione pubblica, anche per la contemporaneità, quel maledetto 9 maggio 1978, con il ritrovamento del cadavere di Moro, notizia che mise in ombra quella della morte di Impastato, favorendo chi aveva già deciso di nascondere la mano mafiosa trasformando il fatto in un suicidio kamikaze.

In occasione del quarantennale, l’associazione che porta il nome di Peppino e di sua madre Felicia ha organizzato un presidio nel casolare dove fu ucciso il giovane attivista di Democrazia Proletaria. Alle 16, a Cinisi, c’è stato il consueto corteo, formato da persone provenienti da tutta Italia, che dalla vecchia sede di Radio Aut ha raggiunto il presidio dove si sono tenuti gli interventi conclusivi della manifestazione. In ricordo di chi non c’è più ma sopravvive nelle idee di chi non può dimenticarlo.

Vincenzo Verde -ilmegafono.org