Il 15 settembre scorso si sono scritte le prime battute di una nuova storia che prenderà vita nel cuore di Napoli, in quel Rione Sanità dove, insieme ai profumi del quartiere, si fondono sentimenti, impegno ed umanità. L’artefice di questo progetto è un artista già passato agli onori della critica per la sua eccezionale capacità comunicativa e per un talento incredibile che fonda le sue radici nella passione per l’arte, una passione alimentata fin da bambino tra le gallerie di musei e le opere dei grandi del Rinascimento. Jacopo Cardillo, in arte Jago, è infatti un artista che da Frosinone è approdato a New York attraversando altre città del mondo, ma che da Napoli e dalla sua carica vitale è stato letteralmente stregato.

La sua arte è legata alla vita, alle sue innumerevoli contraddizioni, alle atrocità che, seppur lontane, vanno riconosciute e denunciate, al bisogno di rimanere sensibili ed umani. Poiché questo bisogno di umanità si amplifichi il più possibile, Jago crede nel valore sociale dell’arte e nella necessità di coinvolgere le persone, di renderle partecipi del processo costruttivo. Per questa ragione la comunicazione, il racconto dell’opera, dalla sua genesi alla sua realizzazione, è uno degli aspetti più interessanti del suo essere artista. Jago, infatti, mantiene un rapporto vivo e diretto con il pubblico aprendo, anche virtualmente, le porte della sua “bottega”, sia essa a New York o a Napoli, lasciando che ogni spettatore diventi partecipe di un momento collettivo.

In questo processo ha un ruolo molto importante l’uso dei social perché, grazie alle sue dirette, anche chi è distante viene trasportato in quella porzione di mondo, un mondo fatto di suoni duri da sopportare come il flex che colpisce il blocco di marmo, di pause in cui la mano accarezza la superficie bianca per pulirla dalla polvere o di un viso coperto da una mascherina e reso un po’ buffo dalle cuffie antirumore. Ogni opera di Jago è il racconto di un progetto dove l’artista e gli spettatori sono tutti attori. In questa idea di partecipazione, la città di Napoli è per Jago un terreno fertile per coinvolgere le persone, per regalare bellezza, per restare aperti alle emozioni e per riuscire ad esprimerle.

Già nel 2019 egli ha donato alla città di Napoli un’opera scolpita in live streaming dal suo laboratorio di New York e destinata a continuare la sua vita all’interno della Chiesa di San Severo fuori le mura, nel rione Sanità. L’opera è “Il figlio velato”, un capolavoro in marmo che rimanda al Cristo velato scolpito da Giuseppe Sanmartino nel 1753, ma che racconta una storia diversa, più recente e tragicamente vera. Sotto il velo infatti si nasconde il corpo di un bambino vittima innocente delle guerre in corso, simbolo di una storia di criminalità, migrazioni e stragi inammissibili che continuano a macchiare la cronaca più recente. In questi giorni, quasi ad un anno di distanza, Jago torna nel Rione Sanità per iniziare la lavorazione di una nuova monumentale scultura: “La Pietà”.

Grazie alla sensibilità del F.E.C (Fondo Edifici di Culto), del Dipartimento del Ministero dell’Interno, guidato dal prefetto Mario Morcone e grazie all’intervento della Curia napoletana e di padre Antonio Loffredo, il laboratorio di Jago è stato allestito nella Chiesa di Sant’Aspreno ai Crociferi che, dopo anni di chiusura e di abbandono, per l’occasione tornerà a far parte del vissuto del quartiere. Restando strettamente legato alla sua idea di arte partecipata, Jago ha invitato tutti a recarsi nel suo laboratorio, lanciando questo invito: “Hai mai visto da vicino un blocco di marmo di 6 tonnellate?”. Chi ha risposto ha potuto lasciare sul grande blocco di marmo poggiato al centro della chiesa, la sua firma o un suo pensiero, iniziando a far parte di questo nuovo racconto.

Questo blocco di marmo di 6 tonnellate verrà trasformato in un’opera a grandezza naturale, due metri per due metri per un metro, una pietà contemporanea, come l’ha definita l’artista, in cui le figure rappresentate ribaltano l’immagine canonica mostrando l’amore paterno, perché il dolore per la morte di un figlio non si distingue se si è madre o padre, il dolore strugge, sfinisce, rende tutti umani. Il dolore è un sentimento che non conosce sesso, è un sentimento universale. Le porte della Chiesa di Sant’Aspreno ai Crociferi resteranno aperte durante tutti i mesi di lavorazione dell’opera e sarà possibile quindi accedere al laboratorio e seguire da vicino il lavoro dello scultore che continuerà a condividere ogni fase del lavoro anche sui suoi canali social(Facebook e Instagram), con dirette, foto e video-racconti.

Serena Gilè -ilmegafono.org