Alla fine hanno votato sì. Come ci si aspettava. Il Pd vota a favore del rinnovo delle missioni italiane all’estero. Tra queste, rientra anche quella relativa agli accordi con la Libia. Accordi che il Pd aveva siglato e rafforzato con i governi Renzi e Gentiloni, sotto la spinta dell’allora ministro dell’Interno, Marco Minniti, lo stesso che ha avviato la guerra alle Ong, puntando a liberare il mare dalla loro presenza e dalle loro operazioni di soccorso. Nulla di stupefacente, dunque, in questa scelta. Eppure qualcuno aveva creduto che potesse andare diversamente. Quello che per molti era scontato, per qualcuno all’improvviso era diventato uno spiffero di speranza, la speranza di una reale presa di coscienza e di un cambio di rotta vero.

Alcuni militanti o alcuni elettori orfani di un centrosinistra che non esiste più avevano sperato che davvero il Pd rompesse con la linea Minniti e chiedesse scusa per l’orrore compiuto, per quella gravissima responsabilità, non solo sull’attuale comportamento dell’Italia nei confronti di migranti e Ong, ma anche e soprattutto sul genocidio che prosegue in Libia e nel Mediterraneo. Qualcuno, con ingenuità quasi romantica, sognava una presa di distanze chiara, un pizzico di autocritica e una linea durissima di opposizione alle politiche razziste e disumane di Lega e 5 Stelle. Qualcuno ancora crede, evidentemente, che il Pd possa essere l’unica forza capace un giorno di governare seguendo una linea totalmente distante da quella del governo attuale. Qualcuno, purtroppo, non ha capito che non c’è nulla da attendersi da un partito che da anni, da molti anni, sbaglia sul tema immigrazione.

Sbagliava quando firmava una legge, la Turco-Napolitano, che era vergognosamente lontana dall’idea di una accoglienza seria, umana, votata all’interazione tra chi arriva e chi accoglie. Sbagliava quando non si opponeva compatta ai respingimenti iniziati da Maroni, che ci sono costati anche una sanzione europea, in quanto illegali e in contrasto con le norme e le convenzioni internazionali sui diritti umani. “Non sono sbagliati in linea di principio, ma vanno regolamentati”, dissero molti esponenti dell’epoca. Ha sbagliato quando in Europa non si è battuto abbastanza per il superamento del trattato di Dublino e quando ha lasciato che le missioni condivise di pattugliamento e soccorso in mare venissero chiuse e abbandonate. Ha sbagliato terribilmente quando ha dato inizio alla campagna di fango contro le Ong, limitandone o impedendone l’azione sul Mediterraneo, e contemporaneamente portando avanti politiche restrittive sulle residenze, sulle richieste di asilo e sulla regolarizzazione del soggiorno dei migranti presenti in Italia.

Ha sbagliato ancora di più quando ha deciso di accordarsi con la Libia, con uno Stato senza Stato, con la patria dei trafficanti di esseri umani, dei lager, delle torture, degli stupri e degli omicidi efferati ai danni di migranti. Tutte cose che si sanno da anni, che sapevano anche i ministri e i premier del Pd. Quegli accordi erano una vergogna e le proteste di chi da anni si occupa di diritti umani, di accoglienza, di raccontare o di curare le ferite fisiche e psicologiche di chi riesce a venire fuori da quell’inferno, non vennero minimamente ascoltate. Vennero soppiantate da passerelle trionfali, condite con mani che agitavano foglietti riportanti cifre che celebravano la riduzione degli arrivi. Nessuna smorfia di vergogna o di dolore davanti al significato di quelle cifre. Al carico di sofferenza e morte che si nascondeva goffamente dietro la parola “riduzione”.

Il PD, compatto, difese la scelta di assegnare alla Libia le motovedette, di formare i guardia coste sulle navi della nostra Marina militare, di affidare a loro le operazioni di soccorso delle imbarcazioni che proprio da loro scappavano. Sì, perché tra i guardia coste libici ci sono i nodi del traffico di esseri umani, nodi legati ad altri nodi, a chi gestisce i centri di detenzione, luoghi di morte, luoghi di aritmetica esecuzione di un genocidio i cui numeri reali sara la storia a renderli noti. Un giorno, quando il Pd magari ci sarà ancora e continuerà a difendere quella scelta e a votare per la sua conferma.

L’inganno, dunque, non è riuscito nemmeno stavolta. Nonostante le lettere ipocrite di qualche ex premier in cerca di rivalutazione, nonostante la piccata replica di un altro ex premier svegliatosi dalla sua quotidiana ignavia. Ci hanno provato ancora a ricostruire una immagine diversa, ma cercando di non eccedere, di non trasformare la campagna di comunicazione in autocritica vera. In sei sono usciti dal Senato, durante il voto. Hanno fatto uno strappo, l’unico. Ma inutile. Così come inutile è stata la richiesta di votare singolarmente le missioni in modo da poterne approvare alcune e non altre. L’idea era di non votare la parte di quella libica che parla di sostegno alle motovedette. Un’idea ridicola e ipocrita, perché tocca solo un pezzo dell’orrore. Orrore che pre-esisteva alla guerra. Perché quello che il Pd non capisce è che non basta un documento, come quello di Delrio, pieno di improvvisa preoccupazione per la situazione in Libia legata al conflitto in corso (che ha prodotto la morte di profughi rinchiusi in centri di detenzione bombardati).

Non basta essere contro a parole, motivando questa contrarietà con le mutate condizioni politiche in Libia rispetto a quando i governi precedenti firmarono gli accordi. Soprattutto se poi si propone come soluzione, come strada da seguire, proprio quella degli accordi firmati da Gentiloni nel 2017. Un non senso. Semplicemente perché, se è vero che si è acutizzato il conflitto tra le fazioni nel paese nordafricano, non si può far finta di non sapere che la situazione era drammatica già due anni fa. Con violenza diffusa, omicidi, compravendita di migranti, schiavismo, stupri. Soprattutto non si può far finta di non sapere che i lager in Libia, i respingimenti nel deserto, le violenze, le pallottole e le torture sono una orrenda realtà libica da almeno quindici anni. Anche con Gheddafi., infatti, il traffico di esseri umani era florido e utilizzava gli stessi sistemi, le stesse strutture, puntando sul coinvolgimento diretto della polizia e dei militari dell’allora regime.

Ecco perché il bluff del Pd è fragile e penoso. Perché il Pd sull’immigrazione e sulla Libia, sul controllo degli arrivi, sul ruolo delle Ong e sulla presenza dei migranti in Italia la pensa più o meno come Salvini e Di Maio. E non lo dicono i detrattori o gli attivisti che si occupano di migranti, né i giornalisti nemici. Lo dicono i fatti e le politiche compiute quando governavano e le scelte fatte adesso che sono all’opposizione. Lo dice il voto, alla fine piuttosto compatto, sul rinnovo delle missioni, compresa quella libica. Insomma, il Pd è sempre quello e forse per avere un’opposizione in Italia, è ora che la si smetta di sperare di far diventare quadrato qualcosa che è nata e rimarrà tonda. Perché non è certo un applauso a Carola Rackete, né una foto sulla nave insieme a lei, a donare ai democratici una verginità ampiamente smarrita e una linea politica degna di una forza di opposizione reale con una visione del mondo (e dei diritti umani) chiara e netta.

Massimiliano Perna -ilmegafono.org