Sono passati 34 anni, ma non si smetterà mai di parlarne. Il disastro di Chernobyl, infatti, lascia degli strascichi ancora oggi. Una coda di bassa radioattività si verifica in una parte dell’Europa, tra cui la Francia orientale, la Germania meridionale, l’Alsazia e l’Italia settentrionale. A contribuire sono stati anche gli esperimenti condotti negli anni Sessanta. La mappa delle zone interessate comprende Svizzera, Francia, Italia, Germania, e Belgio. Per realizzarla è stata effettuata l’analisi di 160 campioni provenienti dalla banca europea del campione di suolo e ha una migliore risoluzione spaziale rispetto a quelle precedenti di riferimento. Per essere ancora più precisi, è stato introdotto un nuovo metodo di calcolo che consiste nel rapporto fra i due elementi radioattivi, cesio e plutonio: il primo liberato sia dai test nucleari sia dall’incidente di Chernobyl, mentre il secondo solo dai test.

Sono i dati di un recente rapporto sulla contaminazione radioattiva pubblicato sulla rivista Scientific Reports ed elaborato dai ricercatori, coordinati da Katrin Meusburger, dell’università svizzera di Basilea. “Si tratta di concentrazioni che non hanno alcun effetto dannoso su ambiente e popolazione e che sono più basse di quelle che ci sono naturalmente in alcune zone, ma è importante conoscerle – ha dichiarato all’Ansa Alessandro Dodaro, direttore Dipartimento Fusione e Tecnologie per la Sicurezza Nucleare dell’Enea -. Sapere come varia sulla crosta terrestre il livello radioattività è sempre importante anche per vedere differenze dovute a eventuali incidenti nucleari”.

È fondamentale conoscere le aree dove ci sono più elevate concentrazioni di radionuclidi perché potrebbero avere dei riflessi negativi sul ciclo vitale degli esseri umani. Sono zone dove è preferibile non coltivare o fare pascolare gli animali, ma gli esperti sostengono che il rischio maggiore riguarda Chernobyl. Sul tema della salute si è espresso l’Istituto francese di radioprotezione (Irsn), sostenendo che le ricadute radioattive associate a test nucleari e Chernobyl attualmente contribuiscono a meno dell’1 per cento della dose media di esposizione dei cittadini francesi.

Infine, lo studio ha messo in luce che il cesio scaturito dai test nucleari fosse presente nell’atmosfera prima di essere portato a terra dalle piogge in modo abbastanza omogeneo, però si riscontravano quantità leggermente più elevate nelle regioni più piovose, come Massiccio Centrale, Ardenne o Bretagna. Quello derivante dall’incidente di Chernobyl, invece, non ha raggiunto alti livelli, rimanendo entro i 12.000 metri. A portarlo rapidamente a terra in quelle parti che erano state raggiunte dalla nube radioattiva proveniente dall’Ucraina ci hanno pensato le piogge che si sono verificate a fine aprile e inizio maggio 1986. In questo modo la distribuzione delle ricadute radioattive è stata più eterogenea, facendo sì che le concentrazioni locali fossero più elevate. Un dramma che da quel momento, per anni ha continuato e continua ancora a far parlare di sé con conseguenze talvolta gravi per la popolazione del luogo.

Veronica Nicotra -ilmegafono.org