Quando si parla di mafia, in Italia, si entra sempre in un territorio spinoso, popolato da ricordi ed eventi che la memoria collettiva deve tenere ben impressi come monito per il futuro, ma che molti ancora tendono a insabbiare. È purtroppo un argomento sempre attuale, basti pensare al recente arresto del super latitante Matteo Messina Denaro, una notizia che ha il sapore di un grande evento per chi ha conosciuto da vicino la stagione stragista di cosa nostra. Ma non tutti gli italiani sembrano ottimisti nella lotta alle mafie e nella sua definitiva sconfitta. Dalla terza ricerca di Libera curata da Demos sulla percezione dei cittadini della corruzione e delle mafie, emergono dati non molto incoraggianti. Pur considerando importante l’arresto di Messina Denaro, infatti, non tutti lo considerano come un passo decisivo, mentre l’80% degli intervistati pensa che la mafia in Italia sia “forte come prima”. Soltanto una minima percentuale, il 12% pensa che l’arresto sia stato un danno per il sistema mafioso.

Con la vicenda di Alfredo Cospito, l’anarchico che ha da poco interrotto lo sciopero della fame per opporsi al regime di carcere duro, è tornato in auge il controverso dibattito sul 41bis. Mentre nel 2020 la percentuale di intervistati favorevoli a questo tipo di pena era pari al 66%, nel 2023 è passata all’81%. Il caso Cospito sembra aver orientato l’opinione pubblica verso un approccio diverso rispetto a quanto auspicato da Cospito stesso e da varie associazioni per i diritti dei detenuti. Interessante è anche l’opinione degli italiani sul legame tra corruzione, mafia e comunicazione. La maggioranza degli intervistati crede che mafia e corruzione siano strettamente connessi, ma che i media tendano a parlarne poco, sottovalutando il problema (mafia 54% e corruzione 57%). Il 12-14% circa crede invece che se ne parli troppo, alimentando il clima di pessimismo e sfiducia. Solo una minima parte ritiene che i fenomeni trovino il giusto spazio nei media.

Riportiamo le parole di don Luigi Ciotti, fondatore di Libera e in prima linea nella lotta alle mafie, in relazione ai fenomeni di infiltrazione mafiosa: “Credo sia ormai inadeguata la parola ‘infiltrazione’ per descrivere il modo in cui le mafie inquinano il tessuto sociale ed economico, perché si tratta piuttosto di una coesistenza con tratti di connivenza. Si è prodotta un’osmosi tra i metodi delle mafie divenute ‘imprese’ e i meccanismi di un sistema economico che protegge i monopoli impoverendo il bene comune. Da realtà ‘infiltrate’, operanti sotto mentite spoglie, le mafie sono diventate parti attive dell’economia di mercato. E tutto ciò nell’indifferenza di tanti, troppi, ancorati a criteri obsoleti di lettura del fenomeno mafioso, criteri che ne alterano la percezione. Arretratezza culturale che può aprire le porte alla trasformazione del crimine organizzato in ‘crimine normalizzato’”.

Don Ciotti si focalizza inoltre anche sui diritti sociali nel nostro Paese, fortemente messi in crisi durante la pandemia: “La pandemia ha messo impietosamente in evidenza che nel nostro Paese – ma non solo nel nostro – i diritti sociali sono diventati in troppi casi privilegi dipendenti da dinamiche di mercato: se sei ricco hai diritto a lavoro, casa, istruzione, assistenza sanitaria, altrimenti arrangiati, sono fatti tuoi. Questa logica selettiva, esclusiva, è la morte della democrazia delineata nella nostra Costituzione. A fronte delle ingiustizie sociali, ovvero ai furti di bene comune, occorre un impegno comune, e questa ridotta conoscenza del Piano che quel bene collettivo dovrebbe alimentare, è un segnale preoccupante. Solo un cambiamento culturale su più livelli, insomma, ci può permettere di costruire un mondo libero dalle mafie e da tutte le forme di complicità, sottovalutazione, omissione, distrazione che le rendono possibili”. 

“È l’indifferenza, come sempre, a fare la differenza. Indifferenza – conclude don Ciotti – che ha reso la nostra Costituzione un testo tanto citato, a volte celebrato, quanto poco praticato, realizzato, vissuto. L’indifferenza è oggi una grande alleata del male. In un mondo sempre più interconnesso, dire ‘non mi riguarda’ e voltare la testa dall’altra parte, è diventare correi, complici. La diffusione della corruzione e delle mafie non si combatte solo tenendosene lontani, ma denunciando, testimoniando, mettendosi in gioco”.

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