“La cosa strabiliante della guerra è che ogni capo di assassini fa benedire le proprie bandiere e invocare solennemente Dio prima di lanciarsi a sterminare il suo prossimo”. (Voltaire)

Il secolo dei lumi è lontano e la ragione stessa è ancora troppo lontana dal centro della vita. Quell’idea di progresso dove ciò che non è dimostrato dalla ragione dovrebbe essere respinto dagli uomini rimane un’idea che gli uomini stessi rifiutano. L’Europa, nella sua quasi totalità, e quindi anche l’Italia, oggi rifiuta la ragione: così capace di dividersi nella sua storia secolare, oggi trova un terreno comune e sul quel terreno pianifica il suo disastro finale. È un futuro che assomiglia maledettamente al suo passato recente, il suo Novecento, quel secolo breve che ancora continua. Al centro della politica europea c’è una parola che unisce anche quando la ragione dovrebbe rifiutare quella parola: guerra. Ci sono due guerre su cui l’Europa sta costruendo con cura il proprio fallimento: la guerra fra Ucraina e Russia e la guerra ai migranti.

Nel primo caso, la guerra fra Ucraina e Russia, viene fatto tutto quello che è possibile fare per non porvi fine: la diplomazia lascia che siano i poteri finanziari, militari e politici a condurre la danza. Sono loro che ritengono di avere tutto da guadagnare, comunque vada a finire, e su questo fanno i loro calcoli. I morti e le distruzioni di vite e città non hanno importanza. Qualcosa bisognerà ricostruire, nuovi equilibri politici consiglieranno da quale parte stare. Nel secondo caso, la guerra ai migranti, ci sono privilegi sociali e politici da difendere, c’è un’egemonia etnica da salvaguardare. I morti in mare e ai confini non hanno valore, contano zero di fronte ad un potere politico che ha costruito, un giorno alla volta, il suo impero sull’odio sociale e razziale. Ci hanno raccontato mille bugie sui migranti che invadono le nostre città, ma non hanno mai raccontato nulla sui perché, sulle ragioni per le quali scappano: guerre, dittature, carestie, povertà.

I governanti e le loro schiere di servitori gonfiano il petto di fronte a numeri fasulli e a invasioni che non esistono, ma tacciono sugli affari e sui rapporti con governi criminali. Parlano di aiutarli a casa loro, una casa che però non esiste e che spesso è una galera di confine. Il tempo delle analisi sugli errori e gli orrori del passato è finito, e da quelle analisi l’Europa esce sconfitta: nessuna autocritica su una storia coloniale durante la quale per secoli i Paesi europei hanno comandato a casa d’altri. Nessuna ammissione di colpa su regimi compiacenti, su guerre locali costruite a tavolino per il controllo dei mercati, sullo sfruttamento di quei territori nei quali materie prime, traffici ed egemonie geopolitiche e militari hanno sempre guidato i governi europei prevalendo sulla vita delle persone. Ora il tempo delle analisi lascia il posto al conto da pagare. La carovana dei migranti cerca una vita, scappa da tutto quello da cui ogni essere umano ha il diritto di scappare, perché la vita non è un’opzione per pochi privilegiati: è un diritto, e appartiene a tutti.

È questo diritto che spaventa l’Europa tutta, o quasi. Allora, nell’incapacità e nella non volontà politica di affrontare una realtà, si pensa di poterla comprare: con il denaro, la subdola moneta di aiuti economici e militari verso quei Paesi a cui si affida il compito infame dei cani da guardia. È in questa ottica che vanno inquadrati gli sforzi che troppe nazioni europee stanno compiendo per arrivare a negare il diritto di asilo. È la stessa ottica con cui si devono leggere gli accordi che negli ultimi anni assegnano flussi di denaro, armi e copertura politica, a Paesi come Libia, Tunisia, Egitto. A loro si chiede di frenare i flussi migratori e il come non ha nessuna importanza. Le galere a cielo aperto della Libia sono garantite e finanziate dagli infami accordi stipulati con l’Italia e si rinnovano nel silenzio di una classe politica colpevole.

È lo stesso silenzio che si osserva nei confronti dell’Egitto di Abdel Fattah al-Sisi, Paese maestro nella “legalizzazione della repressione”, ma troppo importante nello scacchiere geopolitico per tutta l’Europa. Lo stesso silenzio che vale per la Turchia di Recep Tayyip Erdoğan, che con una mano soffoca la libertà del suo paese e massacra il popolo curdo e, con l’altra mano, gioca al ruolo di tessitore di pace nella guerra fra Russia e Ucraina. Oggi tocca alla Tunisia e a quegli accordi con l’Unione Europea che garantiscono un sostegno economico in cambio del controllo delle frontiere e delle coste. Un memorandum d’intesa, sottoscritto a Tunisi dal presidente Kais Saied, dalla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, dalla presidente del Consiglio italiano, Giorgia Meloni, e da Mark Rutte – premier dimissionario olandese – che assomiglia ad un drammatica farsa.

Si sottoscrive una “cooperazione economica e commerciale” attraverso la quale l’Unione europea si impegna a garantire un aiuto finanziario per migliorare il sistema di ricerca e soccorso in mare e il pattugliamento delle acque territoriali. In cambio, la Tunisia offre il suo impegno nel controllo delle frontiere e promette di trovare un “rimedio alle cause profonde dell’immigrazione irregolare”. Nel memorandum si accenna al rispetto dei diritti umani e delle leggi internazionali, ma nella sua dichiarazione finale il presidente Saied ha affermato che operatori umanitari e alcune ONG hanno diffuso “false notizie” sulla Tunisia, invece di occuparsi di combattere il traffico di esseri umani. Vince dunque la cultura del mercante: quando non si vuole costruire, allora si buttano sul tavolo trenta denari e si compra. È una cultura che l’Italia e l’Europa conoscono bene, è la storia a raccontarlo. E la storia prova a tornare indietro, con grandi possibilità di riuscirci: la nuvola nera dei nazionalismi, del razzismo e di quel fascismo mai sconfitto veramente vola bassa sul cielo dell’Europa. In Italia come in Spagna e in Francia, nell’Europa dell’Est, dove Ungheria e Polonia guidano la cordata, in Olanda e in Grecia, in Turchia.

Sotto quella nuvola nera si muovono re e regine sulla scacchiera di un’umanità nella quale i pedoni sono ai margini, ultimi e basta. Sotto quella nuvola c’è un mar Mediterraneo in cui si muore ogni giorno: re e regine chiedono alle onde di cancellare ogni traccia della loro vergogna e della loro disgustosa violenza. Chi riesce a superare quelle onde conosce nuove prigioni e nuove umiliazioni, conosce i CPR delle nostre città, conosce il rimpatrio nelle galere da cui era scappato. Voltaire aveva capito e visto quella verità semplice che oggi l’Europa finge di non vedere: i leader nazionalisti di Italia, Francia, Spagna, Grecia, Polonia, Ungheria, che ogni giorno urlano al mondo le proprie origini cristiane, sono i più feroci nel lanciarsi contro gli ultimi. Lo fanno stringendo la mano di regimi corrotti e sanguinari. Ognuno di loro abbraccia un Dio, diverso da quello che i leader europei citano nei loro comizi, ma questo, in fondo, non fa molta differenza nel mondo dei trafficanti e dei mercanti: qualcuno vende e qualcuno compra e gli esseri umani sono da sempre la merce di scambio, schiavi da esporre al mercato oggi come ieri.

Un mercato, odioso e ripugnante, che cesserebbe di esistere se solo i mercanti fossero cacciati dal tempio, ma ciò non avviene perché essi godono sempre dell’indifferenza dei servi: quei servi che accettano e legittimano i mercanti stessi, con il silenzio e con la vigliaccheria. Nelle moderne “democrazie” quel silenzio e quella vigliaccheria si esprimono in quella quotidianità che tace e si volta dall’altra parte, in quel voto di scambio che consiglia di non guardare oltre la porta di casa, nella convinzione che il problema riguardi altri, diversi e lontani da noi. Come spiegare, altrimenti, le scelte politiche e sociali di Paesi che hanno conosciuto fascismi e leggi razziali? Come spiegare che il popolo della Polonia abbia dimenticato che Auschwitz era lì, nel loro giardino di casa? Come spiegare che popoli che hanno conosciuto duci e caudilli siano accanto agli eredi di chi ha scritto quelle pagine di storia e, oggi, si sentano al sicuro sotto quella nuvola nera?

Difficile spiegare razionalmente tutto questo, impossibile accettare che le onde del mare possano coprire per sempre le storie e i nomi di un’umanità dimenticata, senza testimoni. Perché i testimoni sono stati allontanati da quel mare e costretti a percorrere centinaia di miglia per portare sulla terraferma ciò che si riesce ancora a salvare di quell’umanità. Così hanno deciso le leggi infami di chi combatte le navi delle ONG, ma stringe la mano ai cani da guardia offrendo trenta denari. L’Europa combatte le sue due guerre, diverse ma tremendamente simili. Da ognuna di queste guerre pensa di uscire più ricca e più potente, più sicura. Gli ultimi restano in fondo alla fila, ai margini. Finché c’è guerra ci sono affari da concludere e poi ci sarà sempre qualcosa e qualcuno da comprare. Funziona così fra trafficanti e mercanti.

Maurizio Anelli -ilmegafono.org