Storia di operai, storia di classe, fabbrica e fatica. Sembra una storia di altri tempi, quando il padrone aveva un nome e un cognome. Ma i tempi cambiano, il padrone esiste sempre e ancora, ma si mimetizza dentro scatole cinesi senza fine: fondi di investimento, società che esistono solo nei listini della borsa, sciacalli che comprano e vendono, fiutano il terreno e trovano sempre un posto dove conviene spostare una fabbrica, perché costa meno, perché è facile trovare un posto dove i diritti non contano nulla e la manodopera accetta tutto in cambio di un’elemosina e qualche promessa. Bisognerebbe sempre fare un passo indietro quando si parla di lavoro e di economia, di società e di diritto. Bisognerebbe sempre fare lo sforzo di ricomporre il puzzle del capitalismo e provare a ricostruire il disegno. Il capitalismo si muove nella palude del tempo e trova sempre la sua strada, ed è una strada che non lascia margini al diritto e al sociale. Conta solo il capitale, il profitto fine a sé stesso. Il resto è solo polvere sparsa di umanità lasciata sul sentiero.

Sono in tanti, troppi, a pensare che la lotta di classe sia solo un ricordo del ‘900. Non è così, le classi esistono sempre, al contrario della coscienza di classe. Poi, in un’estate lunghissima che non ha ancora finito di fare i conti con la pandemia, arriva una data importante che segna la fine del blocco dei licenziamenti. Quel giorno cadono le maschere, tutte quante: da una parte il potere e i padroni e i loro servi, dall’altra chi lavora da sempre per costruire una società diversa, migliore. I tempi cambiano e, nel nostro tempo, la vita di 500 persone può cambiare con un semplice click da un computer. È un click con cui i manager di Melrose comunicano ai lavoratori della Gkn di Campi Bisenzio che non servono più: licenziati, la fabbrica chiude e finisce tutto.

Un momento del corteo per la GKN (foto di Maurizio Anelli)

GKN produce assi e semiassi per autoveicoli, i clienti principali sono Fiat e PSA, nomi importanti nel settore automobilistico, e che oggi costituiscono il gruppo Stellantis-FCA. Melrose è il fondo speculativo inglese che, dal 2018, ha preso il controllo di GKN, e ai fondi speculativi non interessa cosa si produce in una fabbrica anche se il prodotto è di qualità. A loro interessano solo margini e profitti, entrano nel cuore delle aziende con un solo obiettivo: ristrutturare e vendere a un prezzo più alto. Possono farlo, le leggi lo consentono perché quelle leggi le hanno scritte quegli stati che hanno sposato anche le virgole del pensiero neoliberista, ma il tessuto sociale non può reggere il peso di leggi sbagliate.

La storia della GKN è solo l’ultimo tassello, in ordine di tempo, di un’agonia che il mondo del lavoro affronta ogni giorno: fabbriche dismesse o delocalizzate, contratti di lavoro che cancellano diritti conquistati un metro alla volta in decenni di lotte durissime, politiche industriali che non sanno e non vogliono guardare oltre il profitto immediato, ma questo è un Paese dove politiche industriali degne del nome forse non ci sono mai state o mancano da troppo tempo.

Le lavoratrici della GKN (foto di Maurizio Anelli)

In questo contesto le donne e gli uomini della GKN stanno scrivendo una pagina straordinaria nella storia del movimento operaio: è una pagina dove la resistenza, la dignità e la determinazione si fondono e diventano una cosa sola, capace di andare oltre le barriere delle divisioni sindacali e politiche. L’occupazione della fabbrica, la costituzione di un “collettivo di fabbrica” che condivide ogni compito, dimostrano la straordinaria capacità di una classe che sa essere operaia e dirigente. C’è una profonda frattura sociale in questo Paese, dove un’intera classe dirigente e politica si dimostra assolutamente inadeguata e incapace. In questa frattura qualcuno, da sempre, lavora per trarre il massimo profitto a danno dei lavoratori e delle classi più umili.

Ma la pagina che stanno scrivendo i lavoratori della GKN ci racconta che sabato 18 settembre a Firenze è successo qualcosa di grande, che non era né facile né scontato: 25mila persone, forse anche più, hanno attraversato una città, e a portarle in piazza è stato un collettivo di fabbrica capace di entrare nel cuore delle persone e capace di coinvolgere. Niente discorsi programmatici e fumosi, lontani dalla realtà, ma una semplice e straordinaria volontà di autodeterminazione. In quel corteo che attraversava Firenze c’era un’anima, fiera della propria storia. C’erano molti giovani che sono, o saranno, i lavoratori di domani. Una generazione che fatica a vedere un futuro: disillusa, e anche tradita, da una classe politica incapace di comunicare e costruire, stanca di un sindacato che fatica a indicare una strada che richiede coraggio e voglia di lottare davvero su tutti i fronti e che, troppo spesso, scende a compromessi pericolosi e inaccettabili: da quanto tempo la parola “sciopero generale” non viene pronunciata?

Un momento della manifestazione per la GKN (foto di Maurizio Anelli)

Mentre la piazza di Firenze gridava la sua rabbia, i maggiori leader sindacali non hanno sentito il bisogno di essere su quella strada che dalla Fortezza portava a Piazzale Michelangelo, erano altrove. È un’occasione persa, perché a volte basta poco per ricostruire rapporti che il tempo e gli eventi hanno logorato, e spesso le occasioni non si ripresentano. Sabato 18 settembre è stato fatto un passo, straordinario ed emotivamente importante, che può e deve diventare un punto di partenza capace di tendere a qualcosa di più grande: le tante, troppe fabbriche a rischio chiusura chiedono una strategia di lotta diversa e, se è vero che il mondo del lavoro in generale, e la classe operaia in modo particolare, sono da sempre quell’avanguardia capace di essere il traino di questo Paese, occorre che ognuno faccia la sua parte. E quell’ognuno di noi comprende tutti, nessuno escluso.

Nella giornata di lunedì, 20 settembre, il Tribunale del lavoro di Firenze ha annullato la procedura di mobilità, accusando GKN di violazione dell’articolo 28 dello Statuto dei Lavoratori, mettendo in atto comportamenti antisindacali. È, anche questo, un fatto importante, un segnale, e davanti a quel segnale è giusto sorridere e festeggiare ma senza pensare che sia la conclusione della lotta: è un punto che i lavoratori di GKN hanno conquistato con settimane di lotta e sacrificio, è tempo guadagnato ma il cammino è ancora tutto da scrivere. Cosa può succedere, allora? E il Governo, come intende comportarsi di fronte a tutto questo? Difficile, se non impossibile, credere che l’azienda ritiri i licenziamenti. Gli avvoltoi non lasciano la preda, sanno aspettare.

Ecco perché nessuno deve pensare che la partita sia finita, né a Campi Bisenzio né in tutte le altre fabbriche che stanno chiudendo o pensano di farlo. Difficile cambiare i rapporti di forza in un Paese che sembra aver dimenticato la sua storia, ma quando una cosa sembra impossibile significa che si può fare. Solo che bisogna volerlo, tutti quanti. Sabato 18 settembre 2021, Firenze è sembrata davvero più bella di sempre, le donne e gli uomini della GKN hanno indicato una strada, un cammino. Hanno scritto una pagina di storia e impartito una lezione a tutti, proviamo ad impararla e a metterla in atto. Si può fare.

Maurizio Anelli -ilmegafono.org