La guerra che oggi è davanti ai nostri occhi è una guerra annunciata come tutte quelle che la storia ci ha consegnato. Quando le radici generano sterpaglie basta un fiammifero per incendiare tutto e, allora, il tempo delle analisi storiche deve cedere il posto a tutto quello che è possibile e necessario per fermare lo scempio finale. Poi, dopo, si può e si deve tornare a rileggere la storia con più coraggio. Arriva, invece, il tempo dei generali e delle armi, e quel tempo scrive nero su bianco la sconfitta dell’uomo e della sua intelligenza emotiva. Le armi, appunto. Don Andrea Gallo diceva che “chi pensa di portare la pace con le armi è un pazzo”. Quello straordinario prete di strada aveva ragione, ma non sappiamo ascoltare chi dice la cosa giusta. La corsa agli armamenti da sempre è la corsa più affollata del mondo. Sul finire del ‘900 in molti pensavano che la caduta dei muri avrebbe portato una nuova linfa, capace di cambiare il mondo e renderlo diverso, quasi migliore.

Non è andata così, perché “il muro” è dentro di noi, non ci abbandona. E questi giorni assurdi alzano quel muro fino alle nuvole e ognuno mette il suo mattone. Per anni l’Europa ha chiuso gli occhi davanti a quella finestra aperta sul mondo, è la stessa finestra da cui oggi entra l’odore della paura. Le persone scappano sempre dalle guerre, da qualunque guerra, e oggi succede anche in Ucraina. Le guerre però non si fermano fornendo armi ma con il coraggio di scelte diverse, quelle che nessun potere ha mai voluto fare prima e non vuole fare nemmeno oggi. Aggiungere armi significa aggiungere quel mattone in più che manca per alzare il muro e arrivare più in fretta al punto di rottura finale. Molti Paesi dell’Unione europea hanno deciso di inviare armi all’Ucraina. Amaro ascoltare le motivazioni dei governi e degli Stati che hanno scelto questa strada.

Anche l’Italia ha deciso in tal senso, in palese violazione dell’Articolo 11 della nostra Costituzione che recita: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”. Ecco, in particolare è proprio quel periodo (“come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”) contenuto nell’articolo ad essere tradito.

Il via libera alla fornitura di armi arriva dal Parlamento con una maggioranza quasi plebiscitaria, dopo l’intervento del presidente del Consiglio, Mario Draghi: “L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia segna una svolta decisiva nella storia europea. Pensavamo di poter dare per scontate le conquiste di pace, sicurezza, benessere che le generazioni che ci hanno preceduto avevano ottenuto con enormi sacrifici… L’eroica resistenza del popolo ucraino, del suo presidente Zelensky, ci mettono davanti una nuova realtà e ci obbligano a compiere scelte fino a pochi mesi fa impensabili. L’aggressione – premeditata e immotivata – della Russia verso un Paese vicino ci riporta indietro di oltre ottant’anni…L’invasione da parte della Russia non riguarda soltanto l’Ucraina. È un attacco alla nostra concezione dei rapporti tra Stati basata sulle regole e sui diritti. Non possiamo lasciare che in Europa si torni a un sistema dove i confini sono disegnati con la forza”.

Amaro constatare il plauso e il consenso a questo discorso e a questa scelta che, di fatto, complica la strada del negoziato. Amaro che questa scelta sia condivisa anche da chi, come il Partito Democratico, pretende di presentarsi come una forza progressista e di pace. È una scelta pericolosa, maturata in un contesto quasi irreale dove tutto sembra irreale e dove sì è persa ogni traccia di umanità. Perché di questo si tratta, di quell’umanità piegata davanti a logiche inaccettabili. Le radici di questa guerra, come di tutti i conflitti, affondano in quella palude dove si mescolano tutti gli orrori di un modello di vita sbagliato. Sarà difficile, se non impossibile, spiegare questi giorni a chi verrà dopo di noi: per farlo bisognerebbe riavvolgere una pellicola lunghissima, ammettere che l’unica cosa che abbiamo capito di secoli di storia è che non abbiamo imparato nulla.

Bisognerebbe avere il coraggio e l’umiltà di abbattere i muri che sono dentro di noi, costruiti con i mattoni del capitale e degli imperi, dei nazionalismi e dei confini, del colore della pelle e delle religioni. Dovremmo capire che il diritto e i trattati internazionali, le convenzioni che gli Stati sottoscrivono e approvano vanno poi rispettati nella vita reale perché la pace si costruisce e si difende ogni giorno, con la ragione e non con le armi. Dovremmo capire che un Paese deve rifiutare l’idea di considerare come proprie eccellenze le fabbriche che fatturano montagne di soldi progettando, costruendo e vendendo armi. Utopie? Forse, ma una vita senza utopie ci rende forse migliori e più umani?Questo Paese che oggi decide di dare armi all’Ucraina non ricorda che la fornitura di armi dall’Italia e dalla UE va avanti da anni, anche e nonostante l’embargo di forniture belliche dichiarato dalle Nazioni Unite e dall’Unione Europea.

Questo Paese, ma non solo lui, dimentica tutto e molto in fretta. Da quando è iniziata, questa guerra sta lasciando una traccia che, un giorno alla volta, si insinua nella testa di molta gente: l’individuazione a tutto campo del bene e del male, di un nemico stabilito che porta inevitabilmente ad accettare l’idea stessa della guerra come inevitabile, quasi necessaria. La cattiva coscienza si spinge oltre ogni linea di confine, l’arte è diventata nemica, il poeta è diventato nemico. In un ateneo di Milano si arriva a negare un corso su Fëdor Dostoevskij per “evitare tensioni” e, quindi, ne consegue che uno dei maggiori scrittori russi dell’800 viene considerato più pericoloso di un fabbricante di armi e di tutti coloro che hanno avvelenato i pozzi consapevoli di farlo. Gino Strada diceva “Io non sono pacifista. Io sono contro la guerra perché la guerra non si può umanizzare, si può solo abolire. Purtroppo, chi prende le decisioni, i politici, non ha ancora nessuna cognizione di questo”. Ecco, il punto è questo, solo questo.

Maurizio Anelli -ilmegafono.org