La storia, si sa, è suddivisa in diverse epoche in base alle caratteristiche predominanti del periodo. Quella odierna sarà con buona probabilità ricordata come l’Età dell’odio. L’odio, un sentimento negativo e certamente molto pericoloso, impazza indisturbato ovunque: nelle strade, nelle scuole, sui social, nelle trasmissioni televisive, durante i comizi elettorali e, persino, nelle case, luoghi che in teoria dovrebbero dare riparo e serenità. La cosa ancor più grave è che oggi questa acredine verso il prossimo è considerata normale, quasi inevitabile, e così si assiste a continue esplosioni di intolleranza ed astio per il più banale dei pretesti. Si odia per il colore della pelle, per l’orientamento sessuale, per il sesso, per l’età, per la forma fisica più o meno piacente, per il lavoro svolto, per l’idea politica, finanche per un proprio pensiero espresso sui social, che sono diventati i più strabilianti strumenti di odio e violenza.

Esprimere la propria idea su episodi di cronaca o scelte politiche può trascinare l’ingenuo di turno in una voragine di insulti gratuiti ed inattesi. Tutto ciò che è ritenuto diverso non è considerato come un tesoro, come un’incredibile opportunità di confronto e crescita, ma come nemico, fastidio, e per questo va allontanato, il più delle volte violentemente. Episodi di violenza balzano continuamente agli onori della cronaca e, spesso, non suscitano nemmeno l’opportuna indignazione da parte della società. Questo accade sempre più spesso ai danni dei giornalisti. È di pochi giorni fa, infatti, la notizia dell’aggressione ai danni del giornalista di Repubblica, Antonio Nasso, durante il raduno della Lega a Pontida. Come mostrano i video dell’accaduto, alcuni militanti della Lega hanno poco gradito le domande del giornalista, reo, a loro dire, di averli “incalzati”, ossia di aver fatto quello che un cronista deve fare.

Questo ha dato il via ad un’animosità davvero sconcertante ricca di aggressioni verbali che hanno trovato il loro apice in un pugno scagliato contro la telecamera da un signorotto in maglia verde. Durante lo stesso raduno, sono stati inoltre intonati beceri cori antisemiti ai danni di un altro giornalista, Gard Lerner. Immediata la reazione della redazione di Repubblica in difesa dei due giornalisti: “Al raduno leghista di Pontida – recita il comunicato – è andata in scena l’ennesima dimostrazione di qual è la concezione di democrazia e di stampa libera diffusa tra dirigenti e militanti del partito guidato da Matteo Salvini. La Redazione di Repubblica abbraccia Gad e Antonio. Come loro, ciascuno di noi continuerà a svolgere il proprio lavoro senza se e senza ma. Nessuna intimidazione può fermare il diritto-dovere di informare e di raccontare”.

Dura e puntuale anche la reazione di Carlo Verna, il presidente dell’Ordine dei Giornalisti, che ha espresso tutta la propria preoccupazione per “il clima di intimidazione e minacce verso i giornalisti che si è creato al raduno della Lega a Pontida”. “Tutto ciò – ha dichiarato Verna – è inaccettabile e mi aspetto che, anche per placare gli animi, venga espressa solidarietà anche dai leader della Lega, in particolare da chi è iscritto all’Ordine”. Aspettative e speranze prontamente disattese da Matteo Salvini, che non solo non si è scusato per l’accaduto ma che, come è solito fare, ha preferito scaldare ulteriormente gli animi. “Repubblica – ha dichiarato l’ex ministro dell’Interno- è un giornale che, quotidianamente, mi insulta, mi minaccia, mi diffama. Io però agli avversari rispondo con un sorriso, con dolcezza e poi con il voto degli italiani, che alla fine sono molto più intelligenti di quanto un giornalista spocchioso e arrogante di sinistra li dipinga”.

Benzina sul fuoco; tutt’altro che una novità. Matteo Salvini, d’altra parte, ha fatto dell’attacco violento e gratuito il suo personalissimo stile di propaganda elettorale. Tra una colazione con pane e nutella ed una abbuffata alla sagra di turno, attacca, insulta, fomenta gli animi e semina odio con una noncuranza davvero spaventosa. La cosa peggiore è che tutto questo funziona. In brevissimo tempo ha radunato un foltissimo numero di “odiatori” che, al suo segnale, scatenano l’inferno contro il nemico di turno, che sia un migrante, una capitana o dei giornalisti considerati nemici. Il mestiere del politico è recuperare voti, ottenere consensi ma andrebbe fatto con un minimo di responsabilità.

In assenza di questa, la strada intrapresa dal nostro Paese rischia di diventare davvero spaventosa, perché quando un leader politico si nutre di un potere irresponsabile la sicurezza del Paese, quella reale, quella quotidiana per strada, dove qualcuno, come ad esempio un giornalista, fa il proprio lavoro, rischia di essere messa in pericolo.

Anna Serrapelle-ilmegafono.org