Lascia sgomenti come nel 2021 ci voglia ancora un certo coraggio per dimostrarsi fermamente contrari al razzismo in ogni sua forma. Mentre in Italia il DDL Zan è bloccato da mesi in Senato a causa di un atto prevaricatorio e antidemocratico, in buona parte del Vecchio Continente continuano le manifestazioni di vicinanza al movimento Black Lives Matter contro l’odio razziale. Ne è un caso l’Europeo itinerante di calcio che ha visto la scelta di alcune federazioni di fare inginocchiare la squadra per qualche secondo prima del fischio di inizio come sostegno alla campagna antirazzista.

La decisione ha creato non poche polemiche e non se ne capisce francamente il motivo. Allo stadio, ricettacolo troppo spesso della peggiore umanità e del peggiore razzismo, spesso questa scelta è stata accompagnata con sonori fischi. Ad esempio, ne ha fatto le spese la nazionale inglese, che ha giocato la prima fase della competizione allo stadio di Wembley a Londra. Quanto avvenuto non ha creato nessun ripensamento da parte deli inglesi, né del Belgio o del Galles, che hanno continuato a compiere il gesto prima di ogni partita.

E gli Azzurri? In Italia il problema non si è posto per le prime due partite, dove le ottime prestazioni in campo hanno rubato la scena a qualunque altra considerazione. Alla vigilia della partita con il Galles però, si sarebbe dovuta prendere una decisione. Prima del fischio di inizio alcuni giocatori italiani hanno deciso di imitare il gesto dei “Dragoni”, mentre altri sono rimasti in piedi creando una confusione senza precedenti nella competizione. Con l’approdo agli ottavi di finale contro l’Austria, ci si aspettava una decisione da parte della FIGC di dare o meno un’indicazione ai calciatori.

La federazione italiana ha deciso di non decidere, rimettendo la scelta alla squadra che non è esattamente un comitato tecnico-scientifico. I calciatori, per voce del proprio capitano Giorgio Chiellini, hanno pavidamente comunicato di seguire le decisioni degli avversari, scegliendo di compiere il gesto solamente come manifestazione di solidarietà con i rivali. Inutile sottolineare le reazioni della politica, con Salvini in testa a plaudire a questa scelta dei calciatori e ad inneggiare alla libertà. Il risultato è stato che nessuno ha replicato il gesto contro l’Austria e che tutti invece lo faranno stasera contro il Belgio. Il perfetto specchio dell’ambiguità che ormai c’è nel nostro Paese su questa tematica, con il partito di maggioranza che è lo stesso che in passato ha inneggiato alla discriminazione territoriale contro il Sud del nostro stesso Paese e che oggi si nasconde dietro ai concetti di libertà e patriottismo per difendere le proprie opinioni razziste.

Insomma, questa storia ha mischiato inesorabilmente calcio e politica ed è assurdo che ciò succeda con un tema che dovrebbe essere condiviso come quello della lotta al razzismo. Chi è contrario ha difeso la propria anacronistica posizione dietro la finta morale che non basta fare un gesto dimostrativo e che piuttosto ci vogliono atti concreti. Una scusa per non far niente, che è presto smentita dalla storia recente e non solo dello sport. Non è, infatti, la prima volta che il calcio si unisce per lanciare un messaggio.

Uno sport così seguito, con personaggi che vengono continuamente imitati dai giovani che li vedono come modelli inarrivabili, ha l’obbligo di trasmettere messaggi positivi. In serie A, ormai da diversi anni, in determinati periodi i calciatori giocano con un segno rosso in faccia per manifestare la propria vicinanza alle donne che hanno subito violenza. Questo non è solo un gesto? Perché non si crea polemica? Perché nessuno si permette di alzare un dito contro un tema universalmente riconosciuto come la violenza sulle donne? Il problema è forse che il razzismo non è ugualmente sentito? La verità è che ci si nasconde dietro la libertà per mascherare la propria bassezza culturale e perché almeno ci si vergogna di dichiararsi apertamente razzisti. La speranza degli Azzurri è di vincere la coppa, ma comunque vada il nostro Paese uscirà ancora una volta sconfitto e deriso, e non ci sono coppe e vittorie che possano curare queste ferite.

Vincenzo Verde -ilmegafono.org