Siamo nei vicoli di Napoli. Due ragazze si scambiano un bacio sulle labbra. Entrambe indossano i colori e lo stemma del Napoli Calcio. Improvvisamente una donna, una suora vestita di bianco, si avvicina e con forza le divide: “Che fate? Che fate?”. “Signora, stiamo lavorando”, ammonisce un giovane con la macchina fotografica al collo. Perché le due ragazze sono le protagoniste di un servizio fotografico. “È il diavolo! È il diavolo! Gesù, Giuseppe e Maria!”, tuona la suora segnandosi col segno della croce. Schifata va via. Il video pubblicato da una delle due ragazze diventa virale nel giro di poco tempo e i commenti si moltiplicano a migliaia. Tanti i giudizi ironici, alcuni divertiti sul comportamento della suora, altri a giustificare la stessa, considerati l’età e l’abito che indossa.

Al netto del pensiero libero di ognuno di noi, quello che appare dal video, che sia costruito a tavolino o meno (poco importa) è la “violenza” con cui una persona, in nome delle sue idee religiose o morali, agisce per separare, in modo brusco, due persone che si stanno scambiando un bacio, per lavoro o per amore. Questa “violenza” si aggiunge ad un altro episodio avvenuto a Bologna, dove un ragazzo che cammina per strada indossando una gonna, senza fare nulla di male, viene prima schernito, poi insultato con offese omofobe e infine aggredito fisicamente e palpeggiato nelle parti intime da un quarantenne. Il ragazzo, che agli insulti non aveva reagito, ha tirato fuori lo spray al peperoncino che porta sempre con sé e lo ha messo in fuga. Poi, con grande coraggio, in lacrime, ha denunciato tutto alla polizia e l’uomo è stato arrestato con l’accusa di violenza sessuale.

Come ha scritto Lorenzo Tosa in un post : “Una gonna non è né da maschio né da femmina, è solo un abito e, come tale, l’unico suo scopo è far sentire a suo agio chi lo indossa”. Considerare battute certe frasi nei confronti delle persone LGBTQI o appellarsi alla religione a cui si crede o avere opinioni volgari e discriminanti sugli orientamenti sessuali degli altri non è affatto divertente. L’omofobia non è mai un’opinione, è solo violenza e discriminazione. Probabilmente entra in gioco, come già scritto in un altro articolo, la politica del “disgusto”, su cui si è sempre basata la Chiesa, anche in merito ad altre questioni. Bisognerebbe comprendere che l’altro da noi, essere umano al nostro pari, non può presentare caratteristiche disgustose, a meno di non provare disgusto per le nostre stesse caratteristiche, simili alle sue.

L’Altro, secondo Lèvinas, è il limite che ci interroga continuamente. Il volto dell’altro è la rivelazione di una trascendenza. L’altro si presenta e si impone per forza propria. Nell’incontro con l’altro, Lèvinas vede l’esperienza fondamentale del nostro essere e del nostro vivere. Provare simpatia genera benessere in noi e nell’altro da noi, se non altro perché comprendiamo il benessere dell’altro, mentre l’altro comprende il nostro. Benessere di cui sono parte integrante la nostra sessualità, il nostro orientamento sessuale, la possibilità di viverli pienamente, godendo del rispetto, il rispetto dell’altro da noi e il rispetto per noi stessi: nel perdere l’uno e/o l’altro capiamo quanto sia difficile recuperarli, o conservarli in ambienti ostili.

Dovrebbe invece far parte della saggezza politica e legislativa (ecco perché è fondamentale l’approvazione della legge Zan), la consapevolezza dei danni arrecabili al rispetto (di sé e degli altri) quando alcune categorie di individui risultano oggetto di discriminazioni. Il disgusto rappresenta una faccia del dado antiomosessuale? In quella faccia comparirebbe una considerazione di Foucault: “Se si vedono due omosessuali, o meglio due ragazzi che se ne vanno insieme a dormire nello stesso letto, in fondo li si tollera, ma se la mattina dopo si risvegliano col sorriso sulle labbra, si tengono per mano, si abbracciano teneramente, e affermano così la loro felicità, questo non glielo si perdona. Non è la prima mossa verso il piacere a essere insopportabile, ma il risveglio felice”. È soprattutto l’amore che non si perdona. “Amore anche omosessuale: sempre che Dio non giochi a dadi – scrive il poeta Sandro Penna – perché dovrebbe giocarvi lo Stato?”. Amore omosessuale, ‘osceno’ come ogni altro amore, ‘lieto disonore’”. Proprio come ogni altro amore: non “sospetto”.

Vincenzo Lalomia -ilmegafono.org