Siamo a Bologna, Istituto Comprensivo 5, quartiere Bolognina. L’IC 5 ha tre plessi di scuola primaria (Federzoni, Acri e Grosso). Le scuole Federzoni e Acri hanno un orario scolastico di 40 ore settimanali, senza il tempo pieno. Si riescono a coprire le 40 ore per ogni singola classe utilizzando dei “potenziati”, cioè degli insegnanti che vengono nominati di anno in anno e non sono in organico stabile. A queste 40 ore si arriva sacrificando le compresenze degli insegnanti nelle classi (molto utili per potenziare la didattica), ma che servono comunque a copertura del totale di ore di cui ogni classe necessita. Il terzo plesso, la scuola Grosso, non ha né il tempo pieno né le 40 ore, ma ha un sistema “modulare”, in cui l’orario settimanale può variare estendendosi fino a 30 ore, con una situazione abbastanza variegata.

Nell’anno scolastico 2023/2024 le prime e le seconde classi hanno 27 ore sulla carta che, grazie ai potenziamenti, si riescono a fare arrivare a 32; le terze e le quarte classi, invece, hanno le 40 ore; le quinte, infine, 36 ore. Man mano che si smaltiranno le terze, quarte e quinte classi, il plesso Grosso, sulla carta, diventerà una scuola a 27 ore che, quando andrà bene, la dirigente dell’IC5, facendo i salti mortali, porterebbe a 32.

Le famiglie i cui bambini, per residenza, sono obbligati a frequentare il plesso Grosso, si trovano nell’impossibilità di scegliere tra il sistema modulare e le 40 ore, in quanto costrette al modulo. La scuola mette a disposizione delle cooperative sociali per arrivare alle 40 ore settimanali, che vengono pagate dalle famiglie, le quali si trovano a sostenere economicamente sia l’assistenza al pasto due giorni a settimana che il prolungamento dell’orario scolastico, sempre due giorni a settimana, utilizzando educatori socio pedagogici alle dipendenze delle cooperative. Le classi a 27 ore, che vengono sostanzialmente “stiracchiate” a 32, vivono questa situazione con educatori che fanno avanti e indietro, poco posizionati all’interno delle classi e che gestiscono, spesso, situazioni di difficoltà con bambini che non riconoscono l’autorevolezza dell’educatore (che vede poche ore a settimana), rispetto all’insegnante.

Un momento della manifestazione di sabato 6 aprile a Bologna

La difficoltà principale che ha portato, sabato scorso, famiglie, bambini, insegnanti ed educatori ad una manifestazione di protesta sotto l’Ufficio Scolastico Regionale di via de’ Castagnoli 1, riguarda soprattutto le famiglie che si trovano a dover affrontare un esborso economico importante. Chi ha, come già capita, due o tre figli che frequentano il plesso Grosso, si troverà a pagare assistenza al pasto e prolungamento dell’orario scolastico per più figli. Diventa, per molte famiglie, difficilissimo far fronte alla spesa. Il quartiere Bolognina, peraltro, è un quartiere popolare con una grande presenza di immigrati, non è certo il quartiere Murri dove, in genere, vivono famiglie benestanti.

Tenere i propri figli a scuola e non per strada, per molte di queste famiglie è un’esigenza e non un capriccio, poiché questi genitori passano molte ore della settimana lavorando duramente e non hanno la possibilità di prelevare i propri bambini alle 12.30. Chi si è opposto a questa protesta e alle richieste dei genitori, contesta il fatto che la scuola non può essere trattata come un parcheggio, ma se, come scrive il nostro presidente della Repubblica Sergio Mattarella “nella scuola si cresce, ci si incontra, si sviluppano cultura, affetti, solidarietà, conoscenza reciproca. Si sperimenta la vita di comunità, il senso civico”, viene demolito totalmente il concetto di parcheggio. Se a tutto ciò si aggiunge che può anche essere un aiuto alle famiglie, un sostegno all’integrazione tra popoli, queste richieste, a Bologna come nel resto del Paese, non possono rimanere inascoltate. 

Vincenzo Lalomia -ilmegafono.org