Cosa nostra potrebbe approfittare della crisi causata dal Covid-19 e arricchirsi sulle spalle dei commercianti e degli imprenditori alla disperata ricerca di liquidità. Quel che nelle settimane scorse sembrava essere una previsione, un monito di allerta e di preoccupazione (ne abbiamo parlato più volte su queste pagine), si è rivelato essere la triste realtà di un Paese in piena crisi. A dimostrarlo ci ha pensato la Guardia di Finanza di Palermo che, nella giornata di martedì scorso, ha effettuato un imponente blitz tra il capoluogo siciliano e diverse città del Nord, tra cui Milano, arrestando ben 91 esponenti mafiosi di alcuni tra i clan più importanti di cosa nostra.

Nello specifico, si tratta delle famiglie dell’Arenella e dell’Acquasanta, quest’ultima nota soprattutto per essere stata direttamente coinvolta nel fallito attentato dell’Addaura nel 1989 nei confronti di Giovanni Falcone. Il quadro emerso dall’inchiesta realizzata dalla Dda palermitana appare piuttosto preoccupante. La mafia, infatti, avrebbe iniziato a rilevare diverse aziende e semplici esercizi commerciali tra Palermo e Milano utilizzando fondi provenienti da attività illecite e criminali, tra le quali scommesse clandestine di cavalli, droga, appalti e, ovviamente, racket.

Proprio il gip di Palermo, Morosini, nell’ordinanza di custodia cautelare emessa in questi giorni ha confermato come “con la crisi di liquidità di cui soffrono imprenditori e commercianti, i componenti dell’organizzazione mafiosa potrebbero intervenire dando fondo ai loro capitali illecitamente accumulati per praticare l’usura e per poi rilevare beni e aziende con manovre estorsive”. “Inoltre – si legge nell’ordinanza – l’attuale condizione di estremo bisogno, persino di cibo quotidiano, di tante persone senza una occupazione stabile, o con un lavoro nell’economia sommersa, può favorire forme di soccorso mafioso prodromiche al reclutamento di nuovi adepti“.

Sembra proprio che la situazione attuale di difficoltà economica rappresenti pertanto il momento perfetto, per la criminalità, per uscire allo scoperto e proliferare indisturbata. Proprio nei momenti di crisi come questa, infatti, la gente comune tende a rinunciare alla propria dignità in cambio di qualche euro in grado di sfamare se stessa e la propria famiglia. E poco conta se i soldi “guadagnati” provengono da una famiglia mafiosa che da quel momento in poi si aspetterà e pretenderà rispetto, soggezione e disponibilità operativa: quando c’è la fame e la miseria, a volte l’onestà viene messa da parte.

Negli ambienti mafiosi, ovviamente, tutto ciò è ben noto e non sorprende che una maggior attività sia stata registrata proprio in queste settimane difficili. La preoccupazione degli inquirenti e in particolare del gip, che vede nel periodo attuale un “contesto assai favorevole per il rilancio dei piani dell’associazione criminale sul territorio d’origine e non solo”, è del tutto fondata. L’idea che la criminalità organizzata possa incidere in maniera ancora più forte deve far alzare il grado di allerta in tutta la comunità civile e spingere le istituzioni ad agire con strumenti adeguati e strategie efficaci.

Nel caos di queste ultime settimane non dev’essere stato facile neppure per le forze dell’ordine e per i magistrati mettere a compimento operazioni così importanti, che peraltro confermano il radicamento delle mafie in tutto il Paese, da nord a sud, senza territori franchi. Ecco perché se si tarderà a intervenire, soprattutto sul piano economico e sociale, sarà difficile rendere meno attrattiva l’offerta mafiosa per chi vive nella disperazione e sente di aver perso tutto e o di avere poco altro da perdere.

Giovanni Dato -ilmegafono.org