La pandemia ha messo a dura prova l’umanità, ma non ha contribuito a migliorarla. Ormai questo è un dato di fatto. D’altra parte, a ben pensarci, non si comprende la ragione della diffusa convinzione, formatasi durante la prima ondata del 2020, che un terribile e comune nemico esterno su scala mondiale ci avrebbe reso migliori, cambiando il mondo in positivo, alimentando sentimenti universali di solidarietà e fratellanza. Sentimenti che avrebbero poi di riflesso prodotto una maggiore solidarietà, la riduzione delle disuguaglianze, la mitigazione delle ingiustizie. Una speranza umana, questa, ma tremendamente labile di fronte ai fatti, a maggior ragione a distanza di un anno, quando la pandemia è diventata un incubo dal quale non si riesce ancora a uscire, un nemico instancabile che, al contrario, ha generato reazioni egoistiche e ampliato ancora di più le disuguaglianze.

Così accade che, anche nel mezzo di quella che è una battaglia comune, si ripropongono i vizi consueti, gli orrori ideologici, i comportamenti strumentali e spietati di sempre. Una parte politica, sempre la stessa, per niente educata da un anno di emergenza e di relativa esigenza di responsabilità, continua a pompare odio, a riempire di benzina i bracieri ardenti della guerra tra poveri. Partiamo dalla Lega di un Salvini sempre più incontrollabile, forza di governo e al contempo voce di opposizione, in un caos delirante che, a quanto pare, sta mettendo in imbarazzo anche alcuni dei suoi colleghi di partito. La Lega, dicevamo, che mentre il Paese cerca di affrontare i contagi e le difficoltà legate al piano vaccinale, con le tante cancellazioni legate ai timori successivi al caso AstraZeneca, ha pensato bene di aprire una polemica imbarazzante basata sulla solita ossessione anti-migranti.

È avvenuto in Liguria, dove la proposta della lista Sansa (centrosinistra) di destinare una parte dei vaccini anche ai migranti che stazionano, in condizioni difficili, nelle zone di confine con la Francia, è stata utilizzata dalla Lega per ribadire il concetto del “prima gli italiani”, “prima i liguri” e così via. Uno slogan populista, come sempre, contrapposto a una necessità concreta, quella di prendere atto di una situazione e intervenire per evitare il sorgere di focolai. Ancora una volta due politiche contrapposte: quella che cerca soluzioni e quella che non ne ha e allora vomita slogan destinati alla pancia o a qualche orifizio più nascosto. Stessa cosa in Campania, con la polemica ridicola sulle vaccinazioni dei migranti irregolari. Naturalmente, la Lega non è da sola in questo scempio morale della politica. Giorgia Meloni e il suo Fratelli d’Italia (sacrilego sberleffo dell’inno nazionale) non potevano infatti perdere l’occasione di inseguire Salvini sul terreno della retorica anti-migranti.

Così, mentre Salvini chiede di rivedere il sistema dei porti e dell’accoglienza, restringendo le maglie, ecco che anche la Meloni torna a parlare di “porti aperti”, messi in contrapposizione con i sacrifici imposti agli italiani, ai commercianti, a chi ha chiuso le attività. Insomma, una bella polpetta populista, che mette insieme due questioni che non c’entrano nulla e non hanno alcun punto di contatto fra loro. Ma la strategia è sempre quella. Il Covid è troppo grande come nemico esterno e da solo non consente di grattugiare un po’ di consenso elettorale. Quindi, meglio affidarsi alle vecchie narrazioni di sempre, continuando a usare il povero, il migrante, l’ultimo, che è un nemico più comodo e pacifico, più semplice da colpire. Soprattutto poi se in parlamento è in discussione l’emendamento che rende reato il blocco navale, ossia considera un crimine il blocco nei confronti di una nave che trasporta migranti, cosa che distruggerebbe parte del vocabolario e del falso patriottismo del centrodestra.

Insomma, la pandemia non ha cambiato la politica né ha modificato l’atteggiamento nei confronti delle disuguaglianze. Né ha spezzato una retorica che prosegue, continua a sventolare il fantasma di una invasione inesistente, ancor più oggi. Basterebbe infatti leggere i dati, quelli che il sovranismo italiano ed europeo continua volutamente ad ignorare. L’ultimo rapporto Eurostat sui fenomeni migratori, diffuso pochi giorni fa, ci offre la fotografia della situazione reale. Secondo l’istituto statistico dell’UE, il numero dei richiedenti asilo in Europa è precipitato nel 2020. Lo scorso anno sono state 416.000 le richieste di protezione nei Paesi Ue, circa 215mila in meno dell’anno precedente (631.300, nel 2019). Un calo del 34%. La maggior parte delle domande le ha ricevute la Germania (102.500), seguita da Spagna (86.400), Francia (81.800) e Grecia (37.900). L’Italia è solo al quinto posto con 21.200 richieste (contro le 35.000 del 2019).

E non è tutto. Eurostat ha calcolato anche il rapporto tra richieste di asilo e popolazione residente: a guidare la classifica sono Cipro e Malta, mentre l’Italia è al quindicesimo posto. Dati che cozzano con le ridicole teorie dei sovranisti e che certificano una realtà sempre più drammatica per quel che riguarda i migranti. In poche parole, nel grande dibattito pandemico, gli ultimi rimangono ancora più ai margini. Nelle campagne così come in Libia, nei centri di accoglienza così come nei ghetti urbani, alle porte dei confini interni dell’Europa e in mezzo al mare (privato dell’apporto di molte navi ong costrette ancora a ridicoli fermi amministrativi). Il Covid ha ulteriormente abbassato il livello dell’umanità, ha dato un altro duro colpo ai diritti umani e a chi si muove per sopravvivere, per salvarsi da guerra, fame, persecuzioni. Per sperare in un futuro migliore. Questo non solo in Europa o in Italia, ma in tutto il mondo.

Di questi giorni è infatti la notizia dell’ennesima tragedia al confine tra Messico e USA, dove la condizione dei migranti è sempre più drammatica e dove gli effetti del trumpismo continuano a prodursi, in attesa che la nuova amministrazione agisca per fermare lo scempio dei diritti. Ancora 13 morti, in un incidente tra un camion e un mezzo che trasportava migranti, esseri umani che hanno subito di tutto e pagato tutto quel poco che avevano per inseguire una vita dignitosa, lontana dagli inferni dell’Honduras, del Guatemala, del Salvador o del Messico. Morti che si aggiungono a centinaia e migliaia di altri morti. Sogni spezzati, vite frantumate da un mondo diseguale, in cui il Covid non è il virus più letale rispetto a quelli quotidiani e radicati dell’ingiustizia, della crudeltà e dell’indifferenza. La pandemia non ha migliorato né peggiorato l’uomo del nostro tempo. La pandemia ha solo amplificato i suoi vizi, la sua crudeltà e le sue infinite miserie.

Massimiliano Perna -ilmegafono.org