Da zero a dieci. Zero, come il valore delle accuse costruite ad arte contro Mimmo Lucano. Accuse in buona parte già smentite dal gip nell’ordinanza di arresto dello scorso ottobre, che rigettava il novanta per cento dei capi di imputazione individuati dal procuratore di Locri, Luigi D’Alessio. Accuse adesso crollate davanti alla Cassazione, chiamata a pronunciarsi sul divieto di dimora inflitto a Lucano. Come era evidente già in quella curiosa ordinanza, dove si faceva riferimento a interpretazioni soggettive (a dimostrazione che Lucano è stato oggetto di ricostruzioni visionarie oltre che di modalità dilettantesche di indagine), anche i due capi di imputazione superstiti risultano fragili.

Per la Cassazione, Mimmo Lucano, accusato di aver appaltato irregolarmente il servizio della raccolta dei rifiuti a Riace e di aver combinato matrimoni falsi per far ottenere la cittadinanza ad alcuni migranti, in realtà non ha commesso alcun reato. Non ci sono frodi, perché l’affidamento del servizio è stato assolutamente regolare, pubblico e idoneo alla conformazione del territorio. Così come regolare è stata anche la scelta di assegnare l’appalto direttamente a due cooperative sociali che impegnavano soggetti svantaggiati. Sui matrimoni, stessa cosa. L’unico tentativo di combinare un matrimonio fittizio sarebbe stato fatto per portare in Italia il fratello della compagna del sindaco.

Non era un sistema o un’abitudine. Come peraltro si riscontrava già nell’ordinanza di arresto che riportava intercettazioni nelle quali Lucano rifiutava nettamente di celebrare le nozze tra una donna straniera e un uomo non pienamente capace di intendere e di volere. Un rifiuto che, peraltro, parte della stampa pensò bene di omettere nella narrazione della vicenda.

Da zero a dieci. Zero, come quell’insulto pronunciato dall’attuale ministro dell’Interno (“Lucano è uno zero assoluto”) che adesso tace miseramente. Un ministro che ha dato il colpo di grazia al modello Riace, un modello ammirato dal mondo intero, un sistema di integrazione funzionante che aveva consentito a un paesino in via di estinzione di risorgere. Un paesino che oggi si è svuotato nuovamente ed è entrato in crisi perché questo governo ha trattenuto i fondi che spettavano a Riace e alle sue attività. E lo ha fatto per pura cattiveria, per antipatia politica, per invidia. Per nascondere agli elettori il fatto che in questo Paese si possa costruire una accoglienza sana e che il fenomeno migratorio gestito con umanità e riconoscimento di diritti ha effetti benefici per tutti.

Da zero a dieci. Dove lo zero assoluto è il ministro degli Interni e il dieci è Mimmo Lucano. Zero il ministro e il suo partito che, condannati per aver truffato (loro sì) lo Stato rubando 49 milioni di euro ai contribuenti, la fanno franca dilazionando la restituzione del bottino in 81 rate annuali. Zero, il ministro degli Interni che non si fa processare sul caso Diciotti e piagnucola ed elemosina aiuto agli alleati, atterrito, terrorizzato, perché consapevole di aver commesso l’odioso reato di sequestro di persona. Zero, il ministro degli Interni che dice di aver agito per far valere la posizione dell’Italia nei confronti dell’Europa, dimenticando che per questo esistono le sedi istituzionali nelle quali la sua maggioranza vota al contrario sulla riforma di Dublino.

Zero, il ministro degli Interni che fa un braccio di ferro ridicolo proprio in uno dei pochi casi (quello della Diciotti) in cui i migranti (quasi totalmente provenienti dall’Eritrea) appena sbarcati sarebbero stati subito ricollocati in tutta Europa, possibilità prevista per i cittadini eritrei. Zero, il procuratore di Locri, che se ne andava in giro a rilasciare interviste continuando a sostenere la validità di prove che prove non erano, ma solo interpretazioni soggettive e considerazioni apodittiche (come afferma la Cassazione) sulla presunta malafede di Lucano.

Dieci e lode, Mimmo Lucano, che a differenza del ministro ha atteso la giustizia, non si è mai negato, si è sempre detto pronto a farsi processare per dimostrare la sua condotta limpida. Dieci, perché non ha mai agito per tornaconto personale, né economico o politico, né per un braccio di ferro con qualche istituzione nazionale o europea, ma per il nobile sentimento di umanità e solidarietà verso gli ultimi della terra. Da zero a dieci, Mimmo Lucano è un dieci assoluto. Uno di quelli che la politica italiana dovrebbe prendere ad esempio. Un uomo maiuscolo, uno di quei giusti che la storia ogni tanto fa apparire sulla terra. Mimmo ha una onestà dimostrabile, a differenza di altri.

Ecco, se c’è un altro zero da offrire è quello per Minniti e per i vertici del Partito Democratico. Il primo per aver iniziato la guerra contro Riace. I secondi perché non si sono schierati apertamente dalla parte di Lucano, lo hanno evitato (non tutti per fortuna) per paura che potesse essere colpevole, non hanno espresso una aperta solidarietà. Pazienza, è il virus del giustizialismo che ormai da anni è entrato nel corpo di parte del centrosinistra. Tant’è.

Quel che conta è che la Cassazione ha spazzato via qualsiasi presupposto circa quell’assurdo e umiliante divieto di dimora che, adesso, il Riesame di Reggio Calabria non potrà che annullare. Riace potrà riabbracciare il suo sindaco. Riace potrà provare a rinascere. Senza aspettarsi nulla dall’alto, da un governo che, nel suo insieme, ha artatamente cercato di distruggere un preziosissimo patrimonio di umanità, speranza e solidarietà.

Massimiliano Perna -ilmegafono.org