I dati forniti dal Centro Euro-Mediterraneo sui cambiamenti climatici, riportato da Legambiente su La Nuova ecologia, mostrano un quadro a tinte piuttosto fosche per il futuro del nostro Paese, e non soltanto dal punto di vista ambientale. Si calcola, infatti, che entro il 2050 le temperature potrebbero aumentare di circa 2-5°, con conseguente aumento del rischio idrogeologico e una ingente perdita del Pil pro capite. Il rischio riguarda tutto il territorio italiano e, nonostante le dovute differenze tra regione e regione (senza dimenticare il sicuro aumento del divario tra Nord e Sud), non vi sono regioni del tutto immuni alla crisi.

La prospettive future indicano danni anche al settore socio-economico e finanziario, con ricadute sulle classi sociali più svantaggiate, soprattutto se parliamo di disorganizzazione sulle infrastrutture. I dati del CMCC, strutturati su modelli avanzati di previsione, intendono integrare in maniera approfondita le conoscenze degli impatti, come sottolinea Donatella Spano, membro della fondazione CMCC, aggiungendo: “L’analisi del rischio e dei suoi effetti sul capitale ambientale, naturale, sociale ed economico, consentono di sviluppare piani di gestione integrata e sostenibile del territorio valorizzandone le specificità, peculiarità e competenze dei diversi contesti territoriali”.

L’innalzamento delle temperature comporta anche costi elevati sul piano economico: i costi diretti in termini di perdita attesa del capitale sulle infrastrutture si aggirano intorno a 1 e 2,3 miliardi all’anno nel periodo 2021-2050, una cifra destinata a salire nel periodo tra il 2017 e il 2100. Anche l’ambiente urbano è destinato a pesanti ripercussioni sulla salute dei cittadini: si calcolano incrementi di mortalità, ischemie, disturbi metabolici e malattie respiratorie, tutti legati alla circolazione di polveri sottili ed emissioni tossiche. Non c’è più tempo da perdere, non si possono più rinviare politiche a favore della sostenibilità e dell’ambiente.

Redazione -ilmegafono.org