Il richiamo del presidente Mattarella è stato chiaro: “L’Italia non può essere il far west dove uno spara a una bimba dal balcone”. L’episodio in cui un cittadino romano ha sparato con una pistola ad aria compressa per “provarla” contro una bimba rom non è però l’unico. In settimana, si è verificata un’aggressione ai danni di un cittadino cingalese a Milano. Anche in questo caso, circostanze quanto mai futili e violenza da saloon. Quello che più preoccupa dei due episodi è il potenziale sfondo razziale inquietante in cui si muovono. Per accertarlo servono approfondite indagini da parte delle forze dell’ordine, che rischiano però di essere la ricerca della prova diabolica.

Sull’episodio tragico di Roma, per esempio, gli inquirenti sono dubbiosi nell’attribuire un movente razziale. La dinamica non è chiara, dicono, l’accusato dichiara di non aver preso la mira. Evento, nel caso, davvero fortuito visto che il colpo pare essere partito dal settimo piano diretto verso la strada e con la pistola che sarebbe stata potenziata. Nel caso dell’aggressione di Milano lo sfondo razziale sembra invece più chiaro, ancorché non ci siano dichiarazioni degli inquirenti. Il cittadino cingalese è stato aggredito da un personaggio che gli intimava di parlare italiano al telefono e lo minacciava con un taglierino. Ne è nata una colluttazione nella quale l’aggressore, un cittadino italiano, è stato disarmato ma è ugualmente riuscito a provocare due fratture allo straniero. La notizia comunque non rimbalza sui grandi media e rimane ferma sulla cronaca di Milano.

Per ultimo, Vicenza, dove un uomo ha sparato con una carabina a piombini verso un operaio di pelle nera, capoverdiano, che stava lavorando su un ponteggio. Un altro episodio in cui il feritore si giustifica dicendo che voleva colpire un piccione. Anche qui l’aggravante dell’odio razziale non è automaticamente inclusa. Intanto, però, di casi di aggressione contro cittadini di origine straniera se ne contano numerosi ogni giorno. Eppure tutto ciò ancora non viene ritenuto sufficiente dagli inquirenti per parlare chiaramente di razzismo.

Quello che dovrebbe far riflettere, sia chi è chiamato a giudicare questi ed altri episodi sia chi li osserva come cittadini, è la discriminazione nei confronti delle vittime.

Immaginate, a parti invertite, un uomo di non comprovata italica etnia che spara proiettili di piombo, per provarli (così sostiene), contro una bambina neonata italiana. Sarebbe la polemica dell’estate. Sarebbe scoppiata la rivolta razzista. Invece tutto tace. Immaginate l’aggressione di un cingalese a un signore italiano che parla al cellulare. Ne sentiremmo parlare per mesi, con servizi dallo Sri Lanka e inchieste su quel Paese così violento. Provate a pensare se un signore capoverdiano avesse sparato addosso a un operaio italiano. Avremmo ascoltato tutto l’odio razzista contro i capoverdiani, contro i neri, le elucubrazioni da Ku Klux Klan  sulle caratteristiche etniche della violenza.

La discriminazione, non solo per quel che riguarda le aggressioni ma anche l’opinione pubblica, è evidente. Il monito di Mattarella contro la barbarie, ne siamo certi, cadrà inascoltato. L’aria si fa pesante, grazie a una politica rozza e irresponsabile, e ci stiamo trasformando in un luogo molto barbaro, che pretende di non avere le cartacce in terra come in Svizzera o di avere i prati ordinati come in Inghilterra, ma che poi somiglia sempre di più agli Usa dei tempi di Selma o al Sudafrica dell’apartheid. Con buona pace della falsa e stupida favoletta degli “italiani brava gente”.

Penna Bianca -ilmegafono.org