Temperature altissime che hanno raggiunto i 51°C: ci troviamo in Africa Australe dove la siccità è diventata un’emergenza. Si parla, infatti, di trecento elefanti morti di fame e sete in soli due mesi in Botswana e Zimbabwe. A riferirlo alla BBC è Tinashe Farawo, portavoce dello Zimbabwe National Parks e Wildlife Management Authority. Un grave fenomeno che sta minacciando sia 52 milioni di persone, che si trovano a rischio fame, sia la fauna selvatica.

Per lo Zimbabwe è la peggiore siccità e carestia dal 1981, che rischia di compromettere il suo prezioso ambiente fatto di parchi nazionali e cascate, fonte anche di turismo. Questi non sono altro che gli effetti evidenti del cambiamento climatico che ha colpito anche l’Africa.

Nel continente nero esiste anche un altro problema, ovvero quello legato alla sovrappopolazione degli elefanti che ha creato gravi danni alla vegetazione del Hwange National Park che ne ospita 53mila ma ha spazio per soli 15mila. Per sfamarsi, ogni giorno un elefante ha bisogno di 600/650 litri di acqua e di circa 400 chili di cibo. Venendo però meno il cibo e l’acqua all’interno del parco, si crea una situazione di conflitto tra uomo e pachidermi che li cercano all’esterno, saccheggiando le coltivazioni dei villaggi. Solo nel 2019 sono morte 22 persone a causa di questa battaglia.

Saranno pertanto trasferiti 600 pachidermi del Savé Valley Conservancy, parco privato di 300mila ettari, nei parchi nazionali del sudest del Paese. Il maggior numero di elefanti si trovano in Botswana (130mila) e in Zimbabwe (85mila). Il Botswana, avendo un eccessivo numero di animali in proporzione alle risorse del Paese, ha deciso di riaprire la caccia per diminuirli. Decisione che ha fatto scattare da un lato l’ira degli ambientalisti e dall’altro la felicità dei cacciatori.

Il governo dello Zimbabwe, invece, per cercare di mantenere i pachidermi vende le scorte di avorio. Ma anche questo Stato ha avviato una procedura che ha suscitato polemiche a livello internazionale, esportando animali vivi. Attraverso questa pratica in due anni ha guadagnato 2,7 milioni di dollari che servono per la conservazione e per alleviare la congestione nei parchi che li ospitano. L’emergenza climatica, insomma, sta mettendo in ginocchio praticamente ogni parte della terra. È necessario prendere al più presto adeguate misure per contrastare questo fenomeno che mette in pericolo sia la vita degli uomini che quella delle specie animali e vegetali.

Veronica Nicotra -ilmegafono.org