Quello che si è consumato al confine tra Israele e la Striscia di Gaza è un vero e proprio tiro al bersaglio. I militari israeliani (durante le proteste di marzo erano schierati 100 cecchini, badate bene…cecchini) hanno sparato ad altezza d’uomo uccidendo più di 50 persone. A scatenare le proteste palestinesi, nei giorni scorsi, è stata la trovata, invero geniale, del prossimo premio Nobel per la pace, Donald Trump. La sua mente illuminata gli ha suggerito che, essendo Gerusalemme capitale di Israele, lì dovesse essere l’ambasciata americana.

E mentre Ivanka inaugurava la sede, a qualche decina di chilometri i manifestanti palestinesi venivano uccisi. Non è il primo né l’ultimo episodio. E forse non c’è neanche bisogno di riscoprire né scoperchiare quel vaso di Pandora che è la storia dell’insediamento di Israele. Somiglia tutto a “Hunger Games”. Una parte di popolazione è costretta in condizioni economiche disperate, rinchiusa (letteralmente) in una riserva priva di tutto. Come gli indiani d’America. Dall’altro lato della riserva, qualcuno si esercita in un tiro al bersaglio allucinante.

Le giustificazioni vanno dalla paura di una invasione alla paura delle infiltrazioni terroristiche. A cavallo di un muro. Con i tank dell’esercito schierati che sparano cannonate. Cannonate. Contro dei manifestanti armati di pietre. Un episodio che, a quanto pare, non smuove le coscienze pudiche dell’occidente liberale. Siamo ormai vittime delle campagne ipocrite delle star hollywoodiane. Un gavettone d’acqua ghiacciata, un’immagine del profilo arcobaleno, un’immagine del profilo “Je suis Charlie”, una mano davanti alla bocca. Queste odiose e vomitevoli rappresentazioni di una falsa coscienza civica dove si sono nascoste?

Probabilmente hanno paura che il popolo di ebeti bisognosi di un mondo in bianco e nero non capiscano la sfumatura. Che non si possa criticare la politica repressiva di Israele senza essere tacciati di antisemitismo. La confusione, prima che storica e politica, è culturale. Nessuno è più in grado di guardare a quella sciagurata e splendida regione con quel minimo di laicità che consentirebbe un ragionamento obiettivo.

Così si continua a dare pretesti alla fazione più intransigente di Hamas e a rispondere come dei cowboy d’Arabia, rinfocolando uno scontro che non ha speranza di cessare. Intanto, in tutto ciò, la Palestina muore e noi cambiamo canale.

Penna Bianca -ilmegafono.org