Il 25 Aprile compie 75 anni e quest’anno sarà un compleanno diverso. Non ci saranno le piazze, né le sfilate di bandiere, volti, mani, gambe che insieme attraversano le vie delle nostre città, per testimoniare memoria, per celebrare la libertà e la democrazia. Il virus ci ha tolto la possibilità di stare insieme, gli uni accanto agli altri, radunati attorno a valori che abbiamo il dovere di difendere ancora. Una difficoltà in più, che però non riesce a fermare il 25 Aprile. Lo celebreremo lo stesso, diversamente, sui balconi, sul web, attraverso tantissime iniziative virtuali promosse in tutta Italia. Lo dobbiamo a questo Paese, o meglio alla sua parte migliore, quella che resiste all’odio, alle bestialità sovraniste, alle moleste e vigliacche provocazioni di chi ancora osa richiamarsi al fascismo.

Anche quest’anno, infatti, c’è chi questa ricorrenza la contrasta o cerca di minimizzarla, di annacquarla mischiando coloro che hanno combattuto per salvare l’Italia e per costruirne il futuro con chi invece ha tradito il popolo schierandosi con i nazisti e mettendo in atto eccidi di civili, rappresaglie infami, carneficine spaventose. C’è ancora qualcuno che sfida il 25 Aprile, con proposte revisioniste e con controsfilate illegali oltre che incostituzionali. Il coro dei vigliacchi, di quei residui appartenenti ad una ideologia sconfitta, vorrebbe risuonare lungo le strade, in violazione delle regole sulla quarantena. Per chi è abituato ad agire di nascosto, infatti, questa è una ghiotta occasione per prendersi le strade e le piazze e sentirsi, per qualche ora, maggioranza. Ci si augura che lo Stato faccia lo Stato e ricacci indietro chi proverà a sfidare il 25 Aprile.

Un 25 Aprile che evidentemente dà ancora fastidio agli eredi del regime e ai loro nuovi seguaci. Sia a quelli che si vestono in maschera per fare sfilate da postare sui social, sia quelli che invece agiscono in politica, sotto la falsa obbedienza a una democrazia alla quale, solo grazie a quel 25 Aprile e alla pacificazione che ne è seguita, possono partecipare. Le forze politiche che si richiamano al fascismo dovrebbero avere pudore, dovrebbero inchinarsi davanti a una Liberazione che ha gettato le basi per la democrazia, per il confronto politico e per la sovranità del parlamento. Ma non lo fanno, non lo hanno mai fatto. Non è un caso che questo Paese abbia ancora dentro il suo tessuto culturale e politico le tracce di un virus latente, contro il quale non dobbiamo abbassare le difese immunitarie della vita democratica.

La Festa della Liberazione è il giorno in cui fare esercizio di memoria, ricordare a noi stessi che la Resistenza non è mai finita, che bisogna continuare a lottare, ad essere sentinelle di libertà e diritti. Nell’Europa e nell’Italia dei sovranismi, dei fascismi di ritorno, della semplificazione populista del pensiero politico che si mischia alla crisi e ai focolai di rabbia alimentati dagli egoismi nazionali, il rischio del proliferare di posizioni autoritarie e liberticide è altissimo. Siamo di fronte a una sfida epocale, ed è solo richiamandoci alla nostra storia migliore che potremo resistere e indicare una direzione nuova, dove il riconoscimento dei diritti, la solidarietà, il rifiuto di ogni ingiustizia e di visioni egoistiche e discriminatorie siano valori centrali e non più negoziabili. Il 25 Aprile è il simbolo di una Resistenza che non finisce, il punto di riferimento di ogni lotta quotidiana di affermazione o riaffermazione di un diritto negato.

Bella Ciao, il suo inno, la canzone che della Resistenza è diventata simbolo, oggi è il canto mondiale di chiunque conduca la propria battaglia di resistenza contro un regime o un potere illiberale. Bella Ciao è un canto che annulla i confini e unisce chiunque sia votato alla solidarietà in qualsiasi parte del mondo. Lo abbiamo visto anche in queste settimane, in questi mesi, quando le parole di questo inno hanno attraversato lingue, dialetti, frontiere per offrire un senso di unità collettiva e internazionale. E allora cantiamolo e facciamolo ad alta voce e con orgoglio.

Oggi, l’Italia che resiste è quella della solidarietà, quella che va oltre la propria sfera personale, oltre il proprio dovere, non solo per umanità ma anche per fedeltà alla Costituzione e a quel senso di comunità che purtroppo riusciamo a rendere concreto soltanto in parte e soltanto nei momenti difficili. Il 25 Aprile, a differenza di quel che pensano alcune forze politiche che marciano tristemente all’indietro, è il momento storico che ci unisce come italiani e che ci ha eroicamente restituito il senso del futuro proprio quando sembrava sepolto sotto il sangue e le macerie del regime e degli orrori del nazifascismo. Ecco perché, anche dai balconi, dalle case, davanti ai vostri pc o agli smartphone, il 25 Aprile abbiamo il dovere di celebrarlo. Nella speranza che questa emergenza svanisca presto e che l’anno prossimo questo Paese possa tornare in piazza e mostrarsi realmente cambiato. In meglio.

Massimiliano Perna -ilmegafono.org