Non è stata una estate qualunque. La recrudescenza del razzismo in Italia e la violenza istituzionale sul tema dei migranti, in sprezzo a leggi nazionali e internazionali, hanno segnato terribilmente questi ultimi mesi. Il dibattito politico ha raggiunto toni asfissianti sul tema dell’immigrazione, divenuto l’argomento prediletto degli italiani, indipendentemente dalle proprie competenze, dal titolo di studio, dalla conoscenza del fenomeno. D’altra parte, l’uomo forte del governo attuale è lo specchio perfetto di questo status di sottocultura e impreparazione generale, al quale si cerca di rimediare con una buona dose di furbizia e arroganza e con uno staff di belve affamate pronte ad azzannare qualsiasi principio di informazione corretta o di ragionamento politico.

L’Italia è torbida e ad avvelenare e sporcare le acque sono comunicatori di professione, account (anche esteri) che ci bombardano ad ogni ora con post e tweet pieni di slogan e bugie, che influenzano l’agenda mediatica e politica, facendo breccia su un popolo egoista e ignorante, sempre meno dotato di coscienza critica e di buon senso (dopo anni di rimbecillimento televisivo). Il caso della Diciotti è stato il culmine più osceno di una strategia di fortificazione del consenso che funziona, perché punta sulla cattiveria di una cittadinanza immersa in una rabbia irrazionale che nessuno è riuscito a fermare con la ragione e con i buoni esempi. Funziona anche perché dall’altra parte ci sono comportamenti ottusi, fette ampie di opposizione che hanno commesso errori insanabili e continuano a commetterne, non capendo che, senza un mea culpa su un indegno spostamento di valori, non si va lontano e non si recupera alcuna credibilità.

Qualche giorno fa, l’ex ministro Minniti ha continuato a vantarsi delle cifre relative agli arrivi in Italia durante il suo mandato, insistendo sul dimezzamento dei numeri, sulla Libia (e sugli accordi siglati dal suo governo), sulla questione sicurezza. Insomma, invece di scusarsi per aver aperto la strada allo scempio attuale, da questa parte si continua a perseguire la via della virata a destra, nella convinzione di ritentare un sorpasso disastroso invece di tirare il freno, fare marcia indietro e cambiare direzione. Nessuna presa di coscienza né atti di coraggio, mentre il popolo abbocca alla propaganda salviniana che galoppa sospinta dai cocchieri a 5 stelle, gli utili idioti di un ragazzotto furbo che, in pochi mesi, è diventato protagonista ingombrante, facilitato dalla vacuità imbarazzante di un premier fantoccio.

Così l’Italia si ritrova in una posizione sempre più isolata a livello internazionale, in guerra con l’Europa che conta e in armonia con i Paesi canaglia del Visegrad, quelli che da est chiedono all’Europa soldi ma non ne accettano gli obblighi, beccandosi sacrosante sanzioni (vedi l’Ungheria di Orbàn, fedele alleato di Salvini).

Intanto, nel nostro Paese si registra un clima pesantissimo, con un razzismo che ormai è tangibile, si respira, si osserva quotidianamente in ogni luogo. Un razzismo senza alcun fondamento ideologico e, pertanto, perfino più pericoloso, perché trasversale, incontrollabile, difficile da combattere in maniera efficace. Persino l’Onu, per bocca dell’Alto Commissario, Michelle Bachelet, è intervenuta annunciando l’invio di un team, per osservare la situazione nel nostro Paese. Che ha prontamente reagito, non solo con Salvini ma anche con il ministro Moavero, raccontando una presunta realtà di umanità e accoglienza che non risponde minimamente al profilo reale di una nazione che da tempo ormai accoglie poco e male e, adesso, si vanta di aver chiuso i porti e di aver ridotto gli arrivi.

I timori dell’Onu sono invece più che giustificati, se si pensa a come l’Italia sta umiliando a più livelli i diritti umani tutelati dalle norme internazionali, in nome di un’azione politica fondata sulla propaganda e sull’esautorazione del parlamento e del suo ruolo. Siamo nel Paese delle decisioni prese e comunicate sui social, delle circolari e degli orientamenti, delle normative che riguardano il destino dei richiedenti asilo lasciate al libero arbitrio di dirigenti delle questure. Di contro, nella parte del Paese che invece prova ad opporsi e a mantenere vivi i valori fondanti della democrazia, serpeggia un pessimismo che a volte sfiora la rassegnazione. Oppure si prova un senso di rabbia e frustrazione che, prima o poi, potrebbe sfociare in tensione.

Ma come si fronteggia la propaganda? Come si ferma un governo che se ne infischia delle regole e si scaglia con crudeltà contro un capro espiatorio identificato nel migrante, povero e possibilmente di pelle nera? Restando nell’alveo della democrazia e delle azioni non violente, come si risponde alla violenza di Stato? L’unica soluzione praticabile, forse l’ultima possibile, è contrastare politicamente (nel senso più ampio del termine) Salvini e soci. Cambiare prospettiva, usare la loro e quella dei propri sostenitori, per smascherare il grande bluff, la pochezza di chi la politica la sconosce. Sbattergli in faccia la verità, svelare le menzogne che il ministro Salvini sta propinando anche ai propri seguaci.

Facciamo qualche esempio. Sul caso Diciotti, la scelta di Salvini è una follia politica anche se la si considera dal suo punto di vista. Mettiamo che tu voglia chiudere i porti e non fare sbarcare persone in Italia perché hai paura che resteranno qui. Bene, sulla Diciotti, la maggior parte dei profughi erano eritrei, quindi una nazionalità a cui, normalmente, viene riconosciuto il diritto di asilo e che, soprattutto, in Italia rimane in percentuali minuscole. Farli sbarcare senza far rumore, avrebbe comportato il ricollocamento certo e previsto in altri paesi europei. Non farli sbarcare, violando peraltro una serie infinita di norme e scatenando le reazioni, ha portato esattamente l’opposto di quanto si proponeva la propaganda leghista: 100 di loro sono rimasti in Italia (perché la Cei, come è noto, ha sede in Italia e non è uno stato estero).

Altro esempio: le polemiche italiane contro l’Europa sul fatto presunto che i migranti arrivano e restano tutti in Italia. Tralasciando che i dati dicono l’opposto e che, dei migranti presenti 5 anni fa nel nostro Paese, oltre il 50% è andato via, la questione di fondo resta sempre la stessa, vale a dire che se tu voti contro la proposta di riforma di Dublino e ti allei con i paesi dell’est, del famigerato Visegrad, che si oppongono ai ricollocamenti equi e vogliono che i migranti non vengano ridistribuiti ma vengano lasciati ai paesi di approdo (Italia su tutti), poi non puoi lamentarti. Perché fai proprio l’opposto di quello che prometti.

Così come, ultimo esempio, perorare la causa della legittimità del respingimento in Libia, definito Paese sicuro, e poi affermare che in Libia andrebbe mandato l’esercito per fermare i conflitti interni e ritirare persino l’ambasciatore perché la Libia è un luogo pericoloso, significa che ti sputtani da solo e che, se ci fosse meno attenzione alle battute e alle gaffe sciocche e più attenzione a queste contraddizioni politiche gravi, forse il pallone gonfiato potrebbe essere sgonfiato ed esposto nel suo aspetto mestamente rinsecchito.

Certo, magari non basta solo questo, ma è l’unica strada possibile, l’unica rimasta. Fare affidamento sulle battute, sulle foto ironiche, sulla magistratura, su una opposizione a credibilità zero o su un improbabile ravvedimento dei complici pentastellati, è da ingenui. La lotta politica, fatta bene, con cultura e capacità di comunicare senza cadere nel tranello delle belve da tastiera, è l’ultima possibilità prima della tensione e di ciò che drammaticamente (per tutti) ne deriverebbe.

Massimiliano Perna – ilmegafono.org